Anselm: il film di Wim Wenders, recensione di Armando Lostaglio

Firenze, a Palazzo Strozzi in mostra “Angeli caduti” di Anselm Kiefer,
un viaggio di una straordinaria potenza espressiva, un impatto scenico
fra mito e filosofia.
E’ aperta fino al 21 luglio, un invito a non perderla, e rappresenta la
capacità di un uomo di concepire opere di superba fattura, di misure
straordinarie, in cui ogni millimetro emana un cromatismo simbolico che
merita approfondimenti. Del resto è lo stesso secolare Palazzo Strozzi
lungo di incontro fra architettura e arte, teatro visivo in ogni suo
spazio.
Noi ci nutriamo di dettagli, immagini non sempre in primo piano, dove
può apparire il sorprendente e quindi lo stupore.
Qui ha luogo “il timido inizio, il godimento”, direbbe Roland Barthes:
“La letteratura come l’arte non permette di camminare ma permette di
respirare.” E paradossalmente l’artista tedesco sembra toglierci il
respiro quando si è immersi nelle stanze della mostra, specialmente
quella degli specchi che riflettono le opere fissate sulla volta della
stanza.
E così fa l’arte, così fa il cinema, quell’arte in movimento in
divenire e guidare lo sguardo dove non guardiamo.
Kiefer è oggetto del documentario Anselm: il film di Wim Wenders si
concentra sul pittore e scultore, ed illumina il suo lavoro, il percorso
di vita, l’ispirazione, il processo creativo e il fascino dell’artista
per il mito e la storia. Wenders quasi attratto dagli angeli come nel
suo Cielo sopra Berlino, sfuma il confine tra opeta filmica e pittura.

Armando Lostaglio