GLORIA!
LA LIBERAZIONE DELLE DONNE ATTRAVERSO LA MUSICA
di Francesco Sirleto
Un’ottima opera prima di Margherita Vicario: il film presentato il 29 ottobre dall’autrice al Cinema Caravaggio ai soci del Cinecircolo romano.
Una bell’incontro, quello di ieri sera nella sala del cinema Caravaggio, tra i soci del Cinecircolo romano e la regista Margherita Vicario (intervistata da Catello Masullo), la quale, prima della proiezione del film, ci ha presentato la sua opera prima, cioè Gloria! (un titolo che richiama una celebre composizione di Antonio Vivaldi), la cui prima uscita risale a febbraio scorso, al festival di Berlino.
È un film dedicato alla musica, al suo carattere di linguaggio universale, alla sua straordinaria potenza unificatrice e, nello stesso tempo, liberatrice e purificatrice dagli impulsi più bassi e inconfessabili dell’animo umano.
In questo caso, e nella storia narrata nella pellicola, la liberazione riguarda le donne e, in particolare, quelle donne che, per secoli, a causa della loro appartenenza a categorie tra le più fragili e più a rischio (trovatelle, orfane, ragazze madri o fanciulle prima abusate e poi avviate alla prostituzione), furono “ricoverate” in conventi, orfanotrofi o altri istituti dediti a “opere di pietà”. Molto spesso questa pietà comportava violenza morale, reclusione in “celle” o in camerate sporche e maleodoranti, sfruttamento della loro forza lavoro in attività umilissime, continue mortificazioni corporali. A Venezia, nel ‘700, molte di queste “poverelle”, naturalmente dotate di “orecchio”, venivano istruite e avviate all’uso di strumenti musicali in concerti e in orchestre, nonché al canto solistico e/o nei cori, quest’ultimi imprescindibili presenze nelle sacre composizioni (messe solenni, te deum, magnificat, ecc.). Vivaldi, come altri compositori del secolo d’oro della musica veneziana, usufruì abbondantemente dell’apporto e, molto spesso, anche della collaborazione di giovani e giovanissime musiciste, non solo in veste di esecutrici ma anche di creatrici di pezzi; un contributo però spesso misconosciuto o del tutto ignorato. Chi ha mai sentito parlare, infatti di Francesca Caccini, o di Isabella Leonarda, eccellenti compositrici di “pezzi” che nulla hanno da invidiare a quelli prodotti dai ben più famosi colleghi maschi come Tartini, Geminiani, i fratelli Marcello, Corelli, Veracini, Boccherini, Albinoni, ecc.?
Ecco, nel film di Margherita Vicario, ambientato nell’anno 1800 (in un’epoca di transizione tra la fine della Repubblica Serenissima, l’avvento delle idee della Rivoluzione francese imposte dalle armate napoleoniche, l’imminente chiusura dei conventi e l’annuncio dei moti risorgimentali), si descrive la vita, spesso tumultuosa e turbolenta, di una “comunità” forzata di trovatelle in un istituto religioso guidato da un prete-maestro di cappella, di musica strumentale e di canto corale (interpretato magnificamente da un Paolo Rossi in grande spolvero); una comunità forzata che, grazie all’esercizio quotidiano della musica, riesce a trovare nell’arte un forte strumento, prima di “sorellanza”, poi di liberazione dall’oppressione costituita dalla finta e ipocrita beneficenza della nobiltà e della chiesa veneziane, una beneficenza offerta in cambio di sesso e di lavoro manuale gratuito.
Tra queste “trovatelle” emerge un gruppo di ragazze che trovano in Teresa e Lucia (due dotatissime compositrici costrette a tenere nascoste le loro creazioni, salvo poi ad offrirle gratis al prete a corto di estro creativo) le guide che le condurranno, alcuni anni dopo, alla formazione di una piccola orchestra interamente femminile impegnata in concerti e tournées in Italia e in Svizzera.
Bravissime le interpreti di queste ragazze rivoluzionarie e antesignane del femminismo: da Galatea Bellugi a Csrlotta Gamba, da Veronica Lucchesi a Maria Vittoria Dallasta.
Il film, per la colonna musicale (premiata con Nastro d’argento 2024) si avvale della “bizzarra” mescolanza di pezzi classici d’epoca (soprattutto vivaldiani, come il Concerto per doppio violino e il Gloria!) e pezzi contemporanei, scritti dalla regista che è anche cantautrice e autrice molto originale di canzoni che si caratterizzano per la ricercatezza sia musicale che poetica. Bella anche l’ambientazione e la fotografia che la descrive, con una laguna (quella di Grado) le cui immagini crepuscolari, plumbee e malinconiche ricordano quelle di celebri vedutisti veneti del ‘700 (Guardi, Longhi, Rosalba Carriera).
Una prima prova, a mio avviso, molto promettente.