YULI
di Icíar Bollaín
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Dopo essere stato presentato in anteprima al Festival del cinema spagnolo ed essersi aggiudicato il premio per la Miglior sceneggiatura a Paul Laverty al Festival di San Sebastián, l’applauditissimo “YULI – Danza e Libertà” della spagnola Icíar Bollaín arriva nelle sale italiane il 17 ottobre 2019 con EXIT media.
C’è già grande fermento tra le associazioni e scuole di danza di tutta la penisola per accompagnare l’uscita del film, con attività, eventi e flash mob. Il film, infatti, racconta l’incredibile storia di Carlos Acosta, in arte Yuli, vera e propria leggenda della danza. Grazie alla maestria di Paul Laverty – sodale collaboratore di Ken Loach da La canzone di Carla in poi – e all’accurata regia di Icíar Bollaín (Ti do i miei occhi; También la lluvia; El olivo).
L’opera narra l’incredibile parabola del ballerino cubano, che da piccolo rifiutava la disciplina della danza. Obbligato dal padre, che vuole dargli un’opportunità per voltare le spalle alla povertà che attanaglia Cuba dopo decenni di embargo, Yuli giunge al successo mondiale divenendo un performer paragonato per grazia e capacità tecniche a miti quali Nureyev e Baryshnikov.
Il film uscirà in edizione italiana e in versione originale sottotitolata, nella settimana in cui si celebra anche il Giorno della Cultura Cubana (20 ottobre).
NOTE DI REGIA
Raccontare la storia di Carlos Acosta mi è sembrato sin dall’inizio l’opportunità per rapportarmi a un mondo di immensa ricchezza drammatica e visiva; inoltre ero entusiasta dal modo in cui lo sceneggiatore Paul Laverty evitava la tipica struttura del biopic.
YULI, infatti, si occupa di due realtà: il passato, in cui viviamo l’infanzia e la giovinezza di Acosta, e il presente, in cui il ballerino e coreografo lavora con la sua compagnia all’Avana, provando un’opera che racconta la storia della sua vita.
Come regista, non potevo sperare d’imbattermi in una storia più affascinante di questa. Tracciare il viaggio di un artista, sin dal suo rifiuto da bambino di imparare il balletto, fino a far coincidere la propria vita con la danza. Il vivere lontano dalla propria famiglia e dagli amici crea una frattura nella vita di Carlos e produce un confronto continuo con suo padre che lo spinge prima a lasciare casa e poi il suo paese, Cuba, per raggiungere la vetta.
YULI racconta anche la storia di Cuba dal punto di vista della famiglia di Carlos, a partire dalla nonna, nata schiava nella piantagione “Acosta” (da qui il suo nome), per poi attraversare la dolorosa separazione dei propri cari quando la famiglia della zia di Carlos emigra a Miami negli anni ’80, frattura vissuta da molte famiglie in quegli anni, da cui la madre di Carlos non seppe mai riprendersi.
Il ritorno del ballerino appena ventenne, dopo la sua prima permanenza a Londra, coincide con il cosiddetto “Periodo Especial” ovvero lo stato di emergenza in seguito alla crisi dell’Unione Sovietica, che divenne acuta nel 1994 quando il campo socialista collassò definitivamente e molti tentarono l’esodo dall’isola scappando su zattere, lasciando un segno indelebile in tutti i cubani.
Inoltre la storia di Carlos è unica, fin dal semplice fatto che un meticcio come lui, di umili origini, figlio di un camionista nero, sia riuscito ad essere ammesso gratuitamente in un’accademia di balletto di altissimo livello come la Scuola Nazionale di Balletto di l’Avana.
Sono stata a Cuba diverse volte sin dai primi anni ’90, e ho sempre ammirato questo popolo e la sua capacità di sopravvivere contro ogni avversità senza mai abbassare la testa. Nonostante le enormi contraddizioni sociali e la costante precarietà economica, a Cuba esiste un grande fermento culturale e artistico che il film intende omaggiare attraverso Carlos e gli straordinari ballerini della sua compagnia.
CARLOS ACOSTA
Il ballerino cubano Carlos Acosta ha danzato con il Balletto Nazionale Inglese, il Balletto Nazionale di Cuba, il Balletto di Houston e l’American Ballet Theatre. È stato membro permanente del Royal Ballet tra il 1998 e il 2015. Si è formato alla Scuola Nazionale di Balletto di Cuba e ha vinto la medaglia d’oro al Prix de Lausanne del 1990.
È diventato famoso nei primi anni ’90, mentre era ancora adolescente, e le compagnie di danza nordamericane ed europee hanno iniziato a offrirgli ruoli romantici da protagonista da lì e per le decadi successive.
Grazie alla sua leggendaria grazia e al suo atletismo, il suo nome è stato accostato a quello dei più grandi artisti del mondo.
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