Roma Caput Mundi – La Festa del Cina di Roma ancora una volta ai vertici mondiali, di Catello Masullo
La quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma , dal 17 al 27 ottobre 2019, come la precedente, si chiude con numeri tutti al segno più. Aumenti del 10% dei biglietti venduti, 18% degli incassi, 7% del pubblico, del 23% sulla stampa nazionale, del 13% degli accrediti. Solo per limitarsi alle voci principali. Due anni fa, avevo titolato il mio articolo sulla Festa “Italia Batte Resto Del Mondo 2 a Zero”, con riferimento alla considerazione che l’annata 2017 aveva segnato, a mio avviso, uno storico sorpasso delle due più importanti kermesse cinematografiche italiane, Roma e Venezia, sul blasonatissimo Festival di Cannes, portandosi sulla assoluta vetta mondiale. Primato confermato nel 2018 ed anche nel 2019. Il Direttore Artistico della Festa, Antonio Monda, al suo secondo triennio, assieme alla nuova Presidente, Laura Delli Colli, possono andare fieri dei brillanti risultati ottenuti. La Festa di Roma conferma definitivamente la sua anima. Quella del cinema di altissima qualità, ma che sa trovare il dialogo con il grande pubblico. Che piace ai cinefili ed agli spettatori comuni. Mai sperimentale e “punitivo” per lo spettatore. Sempre avvincente e coinvolgente. Che e’ esattamente la “ricetta” che utilizza il Cinecircolo Romano da 55 anni. Per venire al focus delle più rimarchevoli delle proposte della Festa, occorre dire che, ancora una volta, e’ partita in quarta. Con un film d’apertura strepitoso : Motherless Brooklyn, di Edward Norton. Un filmone americano sontuoso. Il cinema cinema di una volta. Una hard boiled novel alla Dashiel Hammet o Raymond Chandler. Un noir un po’ atipico, dato che e’ la pupa a salvare l’eroe e non il contrario. Un bell’intreccio, appassionante, intrigante, coinvolgente. Colpi di scena di classe. Attori superlativi. Ma i film insuperabili sono venuti subito dopo. Downton Abbey di Michael Engler, una perfezione da capolavoro assoluto dove niente e’ fuori posto. Dove non ci sono sbavature e le ricostruzioni storiche sono minuziose e filologiche. I protocolli di corte sono ricostruiti alla lettera. I tempi e il ritmo sono sempre ai massimi livelli, le entrate millimetriche, i dialoghi affilati come rasoi, di ironia sublime. Gli attori insuperabili. In definitiva, Downton Abbey, il film che porta sul grande schermo la celeberrima serie tv sulle vicende dell’aristocratica famiglia Crowley, e’ un film perfetto. Di grande impatto emotivo Judy, di Rupert Goold, la storia di un mito del cinema e dello spettacolo mondiale, Judy Garland. Il film ha atmosfere deliziosamente crepuscolari e riesce a toccare le corde dell’anima come pochi. Con un finale che travolge ogni resistenza all’emozione. Impareggiabile la interpretazione di Renée Zellweger, che canta (dal vivo), balla e recita, nella sua migliore interpretazione di sempre, in forte odore di Oscar. Belle Epoque di Nicolas Bedos, e’ un film originale e geniale. Che si prende anche un po’ gioco delle ricostruzioni calligrafiche in costume nelle quali il cinema anglosassone e’ imbattibile specialista. Ed e’ perfino autoironico, quando l’alter ego del regista, interpretato da Guillaume Canet, che fa il regista della vita degli altri, lo fa anche della sua stessa vita. Costruzione fascinosa, e fantasiosa, grande ritmo, una colonna sonora memorabile ed emozionante, uno stuolo di attori immensi. In definitiva “la Belle Epoque” e’un film splendido. Anche quest’anno c’e stato un tema dominante. Mentre l’anno scorso e’ stato il razzismo, questo anno e’ stato il cinema come terapia psicoanalitica, che troviamo in Tornare, un film importante, anche se non perfettamente riuscito, di Cristina Comencini, in Honey Boy, diretto da Alma Har’El, ma scritto ed interpretato da Shia LaBoeuf, con forti connotazioni autobiografiche, ed ancora in Mi Chiedo Quando Ti Mancherò, di Francesco Fei, nella sezione autonoma Alice nella Città.
Degni di menzione, il film di chiusura, Il Peccato, un poderoso film di un maestro indiscusso, Andrei Konchalovsky, sulla vita di uno degli artisti italiani più noti e celebrati, Michelangelo. Una produzione enorme, oltre 14 milioni di euro, per mettere assieme i quali c’e’ voluta la concorrenza di più case di produzione, tra Russia ed Italia. Un film importante, che cerca soprattutto l’uomo dietro l’artista, o meglio dentro l’artista. Con ricostruzioni sontuose. Scene corali con centinaia di comparse, come il cinema di una volta. Con almeno una sequenza da antologia. Quella delle cave di marmo di Carrara. Dove il racconto si fa epopea, si fa eroismo. E dove i colossali cavatori prendono la scena allo stesso Michelangelo. Santa subito di Alessandro Piva, che si aggiudica il “Premio del Pubblico BNL”, mostra di aver fatto propria la lezione del maestro Alfred Hitchcock, nel tenere lo spettatore sempre in sospensione. L’epilogo della storia viene infatti tenuto nascosto fino alla fine. E questo tiene lo spettatore sempre desto ed interessato al film. Le meilleur reste à venir, di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, di grande originalità : mai il tema sensibile della malattia e della morte sono stati trattati con il tono della commedia più divertente e comica. Il terreno era scivoloso. Ma i due autori riescono a mantenere un miracoloso equilibrio. Che porta alla totale riuscita del film, che fa ridere e fa commuovere, diverte ed appassiona, interessa e fa riflettere. Per non dimenticare il film più atteso dell’anno, The Irishman, di Martin Scorsese, un gangster movie che ci stupisce ancora, dal momento che Scorsese e’ sempre un passo avanti a tutti, nonostante i 76 anni suonati ed un cinema che produce che più classico non si può. Per la prima volta viene usato uno strabiliante procedimento sperimentale di ringiovanimento digitale degli attori, per farli apparire molto più giovani. Un procedimento la cui sperimentazione era stata avviata dallo stesso Scorsese 4 anni fa, chiamando De Niro a girare nuovamente delle scene di 29 anni fa, di “Quei Bravi Ragazzi”. Film sontuoso, quasi 300 scene girate, un lavoro di montaggio e di post produzione immenso, che non si vedeva da decenni. Ricostruzioni storiche strepitose, attori insuperabili, spettatore inchiodato alla poltrona per 3 ore e mezza, cosa rarissima. Grande film d’autore e’ Pavarotti di Ron Howard, che racconta la vita di Pavarotti attraverso le sue interpretazioni delle arie liriche più famose, che non sono esibizioni, ma fenomeni di instaurazione di empatiche emozioni. Ed e’ l’emozione a farla da padrone in questo film. Un’emozione prolungata, quasi continua. Da groppo alla gola. Da segnalare Il Ladro di Giorni, di Guido Lombardi, che ibrida i generi, cavalcandoli trasversalmente, dal revenge movie, al gangster movie, al romanzo di formazione, con un Riccardo Scamarcio sempre più bravo, che da un grande spessore a questo film.
Un aspetto che rende la Festa di Roma unica nel panorama mondiale sono gli incontri ravvicinati. Personalità di spicco accettano di confrontarsi con il pubblico romano per un’ora e mezza abbondante, che spesso derapano verso le due ore. Incontri che sono, quasi tutti, preceduti da ghiotte anticipazioni per gli addetti ai lavori in affollatissime conferenze stampa. Gli incontri di questo anno sono stati : il Premio Alla Carriera 2019 Bill Murray, il Premio Alla Carriera 2019 Viola Davis, Fanny Ardant, Olivier Assayas , Ethan Coen, Bret Easton Ellis, Ron Howard, Kore–Eda Hirokazu, Edward Norton, Bertrand Tavernier, John Travolta, Jia Zhangke | Zhao Tao. Un vero privilegio assistere a questi confronti con maestri insuperabili della settima arte.
Una nota particolare merita la sezione autonoma Alice nella città, diretta da Fabia Bettini e Gianluca Giannelli. Da sempre caratterizzata dalla scelte più coraggiose e libere della Festa di Roma. Colpo da maestri per Alice aver portato a Roma i mitici fratelli Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne, con il loro L’età giovane, un film esemplare. Per certi versi agghiacciante. Ci immerge nel processo di radicalizzazione di un giovanissimo belga di origini magrebine. Indottrinato da uno dei tanti predicatori, Imam, teorizzatori dell’instaurazione della legge coranica (sharia), mediante una guerra santa (Jihad). Il giovane protagonista viene pedinato, secondo il “Dardenne touch”, nel progressivo processo di chiusura, con crescente rifiuto di comunicazione e di confronto , perfino con i familiari più stretti. Sino alla trasformazione in un ossessionato automa, inarrestabile nella sua missione di “Terminator Junior”(se la cosa non fosse maledettamente seria, Mel Brooks ne avrebbe fatto, probabilmente, una parodia con questo titolo…). Il giovanissimo Ahmed, mano a mano che la sua radicalizzazione si completa, parla e comunica sempre meno. Formidabile la direzione dei Dardenne sul giovane attore, del quale fanno (progressivamente) parlare solo il linguaggio del corpo. I Dardenne sono abili nella costruzione, tenendo sempre lo spettatore in sospensione, per l’intera durata del film, ed anche dopo. Con un finale aperto ed ambiguo lasciano allo spettatore trarre le proprie conclusioni. Come tutti i grandi artisti non propongono risposte o soluzioni, ma solo grandi quesiti. I fratelli Dardenne hanno avuto, inoltre, la generosita’ di partecipare ad una affollatissima Master Class. Eccellente anche il film vincitore di Alice, The Dazzled (Les Éblouis), film di grande potenza e forza espressiva. Davvero sorprendente per una regista esordiente come Sarah Suco. Mette in luce quali possano essere i rischi di essere abbagliati da organizzazioni religiose integraliste. E quali i rischi di poter fare del male, credendo di fare del bene. E, soprattutto, quali rischi si corrono nel voler imporre ai propri figli le proprie scelte di vita estreme. Un film che fa molto riflettere.
Puntualmente i volontari inviati del Cinecircolo Romano alla Festa di Roma hanno individuato i tre migliori film della Festa di Roma per la stagione 2019/2020 : Downton Abbey di Michael Engler, Belle Epoque di Nicolas Bedos e Judy, di Rupert Goold, Che, a contare bene, i film dalla Festa di Roma, diventano cinque, in quanto da tempo nel programma del Cinecircolo Romano per la corrente stagione ci sono altri due film della passata edizione della Festa di Roma : The Old Man & The Gun, di David Lowery con un monumentale Robert Redford, divertente, ironico, spettacolare, coinvolgente ed avvincente, e lo straordinario Stanlio & Ollio di Jon S. Baird.