L’amaro tè del generale Yen (recensione di Catello Masullo)
The Bitter Tea Of General Yen
(Credits e Sinossi da Wikipedia)
Sinossi : Shanghai: i Jackson, una coppia di anziani missionari, accolgono gli ospiti alle nozze di Robert Strike, un altro missionario, e Megan Davis, la sua fidanzata che lui non vede ormai da tre anni, dopo essere stato mandato in Cina. Ma il matrimonio non ha luogo perché, poco prima della cerimonia, Bob giunge con delle terribili notizie provocate dalla guerra civile. Il missionario si prepara a partire per portare in salvo alcuni orfani. Mentre l’uomo si incontra con il generale cinese Yen per perorare la sua causa e chiedergli un lasciapassare, Megan lo aspetta in macchina. Il generale, disprezzando le idee del missionario, gli dà un documento inutile, dove descrive Strike come uno stolto. Giunti all’orfanotrofio, Megan e Bob provocano l’ilarità dei soldati cinesi che leggono il “lasciapassare” e che rubano loro anche la macchina, quando stanno per caricare a bordo i bambini. Nel trambusto che ne segue, quando sono alla stazione, i due restano divisi e vengono separati dalla folla in preda al caos. Megan, che era svenuta, quando rinviene si trova nel vagone privato del generale Yen, dove la bella concubina Mah-Li si prende cura di lei. Arrivati al palazzo estivo del generale, vengono accolti da Jones, il consulente americano di Yen, che lo aspetta per dirgli che è riuscito a mettere insieme sei milioni di dollari, nascosti in un carro merci, soldi che gli servono per sostenere le spese di guerra. Yen resta sempre più affascinato dalla bella e briosa americana che si ritrova come ospite e si dimostra poco propenso a rispedirla a Shanghai, in zona di guerra. Così la invita a restare. Ci vuole poco a capire che Mah-Li, la concubina, ha una relazione con il capitano Li, uno dei sottoposti del generale. Finita la cena, Yen la fa arrestare come spia. Megan interviene e Yen allora la sfida a provare il suo zelo cristiano prendendo sotto la sua protezione Mah-Li e a mettere in gioco la sua vita se verrà provato un altro tradimento della donna. Megan accetta e, ingenuamente, aiuta Mah-Li a tradire nuovamente Yen, passando informazioni al nemico sul tesoro nascosto che viene così rubato. Il generale, senza il denaro che serviva a pagare i suoi soldati, viene abbandonato da tutti, dai servi e dai militari. Ma non si vendica di Megan, che ora è diventata troppo preziosa per lui. Dopo che si è preparato un tè avvelenato con cui vuole suicidarsi, Megan gli compare davanti vestita alla cinese, con un abito che le aveva dato Mah-Li. Mentre vezzeggia il generale, confidandogli che non lo abbandonerà mai, lui sorridendo beve il tè. Su un’imbarcazione che la sta portando verso Shanghai insieme a Jones, il consulente finanziario, Megan pensa alla vita piena di contraddizioni del generale Yen, alla bellezza che lo ha circondato e alla sua tragedia. Jones la conforta dicendole che un giorno loro due saranno di nuovo riuniti.
RECENSIONE DI CATELLO MASULLO : Chi, come me, e’ nato assieme alla televisione italiana, avrà probabilmente fatto le mie stesse esperienze audiovisive. Avrà visto al cinema i film prodotti dopo la fine degli anni ’50, ed in televisione tutti quelli precedenti. Sul piccolo schermo, quadrato ed in bianco e nero, per anni a canale unico, sono passati e ripassati i filmoni americani che non erano più da sala cinematografica, ma che erano di quei film eterni, che li vedi decine di volte e tutte le volte ti danno le stesse, fortissime emozioni. Magari non ti ricordi il titolo, e nemmeno gli attori, e men che meno il regista. Ma appena ti accennano la storia vieni fulminato dal soprassalto proustiano provato dal critico Anton Ego, quando assaggia la ratatouille dello strepitoso film omonimo. Davvero difficile che qualcuno della mia età non abbia mai visto in tv, almeno una volta, film come Signora per un Giorno, Accadde una Notte, E’ arrivata la Felicità, Mister Smith va a Washington, Arsenico e Vecchi Merletti, La vita e’ meravigliosa. E che non ne conservi un indelebile e piacevole ricordo. Di quei film che ti allargano il cuore. Che toccano le corde dell’anima, che fanno commuovere, fino alle lacrime, anche i più cinici e quelli che hanno anestetizzato i propri sentimenti (come certi critici militanti…). Poi mano a mano che cresci, che li vedi e li rivedi, che cominci a fare comparazioni, a studiare, ti accorgi che sono tutti film diretti (ed anche scritti e prodotti, in totale controllo ed autonomia) da un italiano nato a Bisacquino, in provincia di Palermo, figlio di contadini poverissimi, emigrati negli USA quando era ancora bambino, e che corrispondeva al nome di Frank Capra. Un filmaker immenso. Che ai suoi tempi veniva regolarmente castigato dai critici. Che gli rimproveravano di fare un cinema troppo popolare e poco artistico. Uno dei più autorevoli, Myles Connolly, che era anche amico personale di Capra, lo derideva dicendogli che faceva cartoline illustrate quando era capace di fare dei Caravaggio o dei Michelangelo. Ma Capra non aveva fatto sempre commedie divertenti. Aveva fatto anche film drammatici con non piccole ambizioni artistiche. Come e’ il caso de “L’Amaro Te’ del Generale Yen”. Del 1933. Una storia d’amore singolare e poetica tra un generale cinese ed una missionaria americana. Per questo ultimo ruolo fu facile per Capra trovare subito l’interprete ideale, la deliziosa Barbara Stanwyck. Molto più problematico trovare l’attore per il ruolo del generale Yen. Capra,al contrario dei suoi colleghi, non amava il trucco. Voleva che i suoi interpreti risultassero “veri” sullo schermo. Cercava un cinese alto ed imponente. Ma negli USA i cinesi erano tutti minuti. Con il suo proverbiale fiuto ed istinto animale, scelte un attore svedese, Nils Asther. Alto, bello, imponente e con gli occhi azzurri. Meno male che i film all’epoca erano in bianco e nero e gli occhi sarebbero apparsi grigi… Ma per la forma degli occhi a mandorla era dura. Capra studiò a fondo la fisionomia cinese, e notò che i cinesi avevano palpebre lisce, rotonde e con ciglia cortissime. Il truccatore, quindi, istruito dal regista, applicò alle palpebre di Asther una falsa pelle liscia e rotonda e tagliò le ciglia cortissime. Le false palpebre rigide costringevano l’attore svedese a tenere sempre gli occhi socchiusi ed il cinese era bello che fatto. Peccato che con le ciglia corte ebbe una fortissima infiammazione da riflettori, e dovette stare al buio con gli impacchi in tutti i momenti in cui non doveva girare. Ma il risultato sullo schermo e’ stato splendido. “L’Amaro Te’ del Generale Yen” e’ un film che rasenta la perfezione, come per tutti gli altri film di Capra. La ricostruzione della Cina negli studi cinematografici della Columbia a San Fernando Valley e’ prodigiosa. Gli attori, magistralmente diretti, sono strepitosi. Non mancano apprezzabili tocchi autoriali, come quello dell’incubo (freudiano) della protagonista in cui l’aggressore ed il salvatore hanno lo stesso volto , con una impostazione estetica che e’ un chiaro omaggio al “Nosferatu” di Murnau. Il film fece poco successo, anche perché fu bandito dalla Gran Bretagna e dai paesi del Commonwealth a causa dello scandalo che provocava una storia d’amore (seppure mai consumato) tra un orientale ed una donna bianca. Era troppo avanti per l’epoca. Ma e’ la dimostrazione che un grande regista resta un grande regista anche quando non fa commedie piacevoli. Al solito un “Capra touch” doc. Imperdibile.
Valutazione sintetica : 8