UN CIELO STELLATO SOPRA IL GHETTO DI ROMA, di Giulio Base – 22 GENNAIO 2021
Resoconto della conferenza stampa a cura di Rossella Pozza e Catello Masullo
Maurizio Di Rienzo, moderatore/conduttore: Film di assoluta attualità che viviamo tutti gli anni in questi giorni. In esclusiva dal 27 gennaio su RaiPlay, nel “Giorno dellla Memoria” e sabato 6 febbraio su Rai1 sullo Speciale Tg1. Nasce da Israel Cesare Moscati, scomparso nel settembre 2019, impegnato su temi legati al suo credo. Saluto i due produttori di Altre storie e Clipper Media, Cesare Fragnelli e Sandro Bartolozzi, Paolo Del Brocco per Rai Cinema, Elena Capparelli di RaiPlay, Giulio Base. Daniele Rampello, Francesco Rodrigo, Emma Matilda Lio’, Marco Todisco, Domenico Fortunato e Aurora Cancian, una delle voci piu’ importanti del nostro doppiaggio. Il film è stato realizzato grazie alla collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma.
Spizzichino: doveva essere con noi la presidente Ruth Dureghello, ma c’è il funerale di una delle persone più importanti della comunità ebraica di Roma. Si scusa.
Paolo Del Brocco: Questo film per noi e’ particolare. E’ un film d’amore. Voglio spendere due parole sul nostro grande amico Israel Cesare Moscati. Ha fatto 4 documentari con noi. Ha trovato una chiave di racconto della Shoah molto attualizzato. Facendo sempre parlare il presente. Lo abbiamo presentato a Gerusalemme. Venne da noi con l’idea di questo film, per un documentario. Domenica sera ci sarà in tv il suo terzo documentario, in cui fa parlare figli e nipoti di ebrei con figlie e nipoti di nazisti. Questo film lo ha scritto più volte. Alla fine ci siamo decisi. E devo ringraziare chi e’ entrato con amore in questo film. Abbiamo deciso in quattro e quattr’otto. Giulio Base e’ entrato nel discorso, lo ha riscritto. Ha trovato un cast di ragazzi meraviglioso. Mando un pensiero ad Israel, avevamo sempre un appuntamento per mangiare in un posto particolare e questo evento mi emoziona. Ringrazio Giulio per la grande disponibilità, e tutti gli attori per il grande entusiasmo. E la Comunità ebraica che ha partecipato con altrettanto entusiasmo. Doveva uscire in sala, e’ andato in preapertura alla Festa di Roma. E la sinergia con la Rai, come abbiamo fatto di recente con Salvatores. RaiPlay e’ la più grande piattaforma in Italia. Grande sinergia anche aziendale per far vedere questo film ai giovani, soprattutto. Una chiave diversa e accattivante per far meglio scordare la bruttezza di quello che e’ accaduto.
Sandro Bartolozzi : Ha già detto Paolo del lungo percorso con il cinema. Siamo partiti dalla sceneggiatura. Israel aveva un approccio poco ortodosso. Non veniva dal cinema. Aveva la grande motivazione di raccontare le sue storie, che pescavano nel suo vissuto. Ci pensava da tanti anni. Ad un certo punto ha avuto una intuizione, un laboratorio con dei ragazzi durante la scrittura della sceneggiatura, durato moltissimo, una volta alla settimana. Aveva bisogno di confrontarsi. Il Pitigliani ci ha aspettato. Alcuni venivano dalla Calabria. Aveva grande necessità di raccontare della Shoah attraverso l’attualità e soprattutto attraverso i giovani. Con Rai Cinema abbiamo fatto un Progetto Memoria durato 3 anni con incontri con le scuole. Tutto quello che c’è nel film e’ frutto degli incontri di questi anni. Non era facile fare le cose con lui. Anche Giulio nei primi approcci ha avuto qualche problema. Ma aveva ragione. Giulio e’ stato la persona che ha dato una svolta alla sceneggiatura, con Marco Beretta l’ha trasformata in una cosa visivamente fattibile.
Giulio Base : Quando ho avuto la proposta mi sono emozionato profondamente. Sono stato molto onorato. Mi ha costretto a studiare, ad allargare gli orizzonti, mi ha fatto conoscere Israel, che era un uomo meraviglioso, con il quale ho avuto un rapporto di costruzione per quasi un anno. Poi e’ mancato. E mi ha fatto sentire ancora di più la responsabilità. La prima cosa era trovare questi ragazzi liceali, fare un cast fatto bene. Credo di essere stato fortunato. Ho trovato ragazzi che si sono messi in gioco, che hanno aperto la stanza della memoria. Non soltanto una parola vuota. La considero “ lotta”. Lotta perché la memoria continui e non si dimentichi. Una delle più grandi tragedie dell’umanità. E la complicità di chi queste cose le vedeva e non interveniva. La memoria serve perché queste cose non accadano più. Ho avuto la possibilità di passare svariate ore con il Rabbino Capo di Roma, che e’ un uomo illuminato, dal quale ho imparato tantissimo. Rabbino in ebraico significa “maestro”.
Imbriale, RaiPlay : Nella sciagura di questi tempi, l’aver lanciato una piattaforma ha favorito questo utilizzo in televisione con una crescita incredibile: 17.5 milioni di iscritti. Siamo presente e futuro. Linea editoriale nata (e ringrazio di questo, a nome del direttore, Paolo Del Brocco per con la sensibilità verso la piattaforma), per aiutare il cinema italiano. Con 8 opere italiane a maggio che sono andate benissimo. Non potevamo dire di no a questo film! Da servizio pubblico onoriamo la Giornata della Memoria con un prodotto importante che si rivolge ai giovani. Siamo felici di caricarlo il 27 gennaio in prima visione assoluta.
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Giulia Bianconi : Questo e’ un film che, a differenza di tanti altri, e’ ambientato ai giorni d’oggi. Sguardo degli adolescenti di oggi. Facendo il film, i giovani conoscono questa drammatica pagina di storia? C’è ancora chi nega.
Giulio Base: E’ stato un lavoro interessantissimo. I ragazzi hanno l‘età dei miei figli. Avevo fatto un sondaggio in famiglia. Conosciamo la Shoah grazie al cinema… Schindler’s List e La vita e’ bella… Hanno voglia di approfondire. La Shoah e il cinema hanno visto periodi alterni. Un esempio il saggio di Rivette sul carrello di Kapo’… Ci sono stati tanti film. I giovani hanno voglia di conoscere. Ho visto una cosa che mi e’ piaciuta molto. La memoria come dovere. Lo dobbiamo fare, anche con il sorriso. Non è stato un terremoto o un’inondazione. C’e’ stata la colpa di qualcuno, cui si deve rispondere con perdono o pena. Ma, soprattutto, questo non deve più accadere. Rispetto al negazionismo, e’ un altro dei motivi che mi hanno portato a fare questo film. La memoria e’ un dovere.
Francesco Rodrigo : Questo per me e’ stato il primo film, non potevo desiderare di meglio. Da quando ero piccolo mia nonna mi racconta questi fatti. E’ stato molto bello e importante. Ho imparato tantissime cose sulla cultura ebraica che non sapevo. Un’esperienza bellissima.
Emma Matilda Liò : Quando ti viene data una storia del genere e’ un dono. Poter raccontare questo tipo di storia. In qualunque circostanza far sentire questa voce che deve restare viva come un fuoco.
Daniele Rampello : Mi sono ritrovato al provino con la scena chiave in cui il ragazzo si trova innamorato di una ragazza non di fede ebraica. Viviamo in una società estremamente superficiale. Ho approfondito una cultura che si conosce fino ad un certo punto. Girare nel ghetto a contatto con i ragazzi del liceo ebraico ti da l’opportunità di conoscere una delle culture più antiche presenti nel paese.
Marco Todisco : Sono d’accordo con i miei colleghi e con Giulio. Ho avuto la possibilità di conoscere persone e luoghi che non avevo mai visto, sentire la voglia di ricordare ciò che e’stato. Giulio con questo film c’è riuscito e ha creato un clima familiare bellissimo.
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Fulvia Caprara, La Stampa : L’incontro di cui ci ha accennato con Israel, cosa ha comportato? All’opposto di questa generazione ci sono giovani protagonisti di correnti come i naziskin.
Giulio Base : Con Israel l’incontro e’ stato eccezionale. Mi commuovo. Abbiamo fatto la dedica alle stelle dove e’ ora. Ho imparato da lui la forza delle idee, anche quando non fanno parte del cinema. Aveva idee di volontà. Era pieno di intuizioni. Voleva mettere dentro tutto: shoah, musica, cultura, futuro, memoria, ecc. Negli ultimi mesi sono stato la persona che lo ha frequentato di più. Mai una volta che non ringraziasse Dio. Fortissima spiritualità, sempre rivolta al Cielo. I suoi documentari sono una bomba. Alle radici del male facendo incontrare nipoti e i figli di vittime, incontri in diretta con nipoti e figli degli aguzzini. Sono in contatto costante con i figli, porto dentro di me tante cose. Sono sgomento che ancora ci sia negazionismo. Fortunatamente non conosco nessuna di queste persone. Penso che possa accadere solo per ignoranza. Quello che possiamo fare, anche con calma, siamo fratelli anche dei neonazisti, e’ che la memoria non cada.
Aurora Cancian : Ogni volta che vengo interpellata per un lavoro penso che sia una opportunità per approfondire un tema. Sono sempre alla ricerca delle storie per capire da dove veniamo e dove andiamo. Mio padre era di Pordenone. Sono stata stupita che mi arrivasse un così bel progetto. Grazie a Giulio che ha pensato a me. Non sono famosa. Sono un’artigiana. Ogni caso mi piace. Mi piace se mi arrivano emozioni che mi rendono consapevole. I negazionisti sono un fatto di ignoranza. Per tanti anni chi ha vissuto queste storie voleva dimenticare. Anche Liliana Segre ha voluto raccontare tanti anni dopo.
Domenico Fortunato : Questo personaggio e questa storia hanno un percorso lungo e magico. Nel 2011 un amico mi portò al bar Settembrini e mi presentò Israel Moscati che mi parlò di questa storia. A settembre di due anni fa un twitter di Giulio Base. Ritwittato subito. E dopo due minuti Giulio mi chiama e mi chiede se conoscevo Israel. Poi dopo tempo, Giulio mi chiama e mi affida il ruolo. Mi sono messo a studiare. Ho fotografato il registro dei deportati del ‘43. Ogni 3 o 4mila ne e’ tornato solo uno. Mia madre mi dice che questo e’ uno degli ultimi sopravvissuti. Come faranno i ragazzi a ricordare queste cose? Ringrazio tutti.
Catello Masullo, Il Parere dell’Ingegnere: Giulio, mi hanno molto colpito le prime immagini dei film con riprese molto raffinate ed eleganti, che mi hanno ricordato le ombre scolpite di Giuseppe Riccobene de Il banchiere anarchico. Mi hanno dato l’idea di una ossimorica contrapposizione alla crudeltà inarrivabile della scena. Era questo l’effetto che ti proponevi di far arrivare, soprattutto agli spettatori più giovani?
Giulio Base : Ti ringrazio dell’osservazione. E’ stato difficile. Il racconto e’ moderno. Il 16 ottobre del ‘43 non era stato affrontato prima. Resto sempre il cinefilo e studente di cinema, della nouvelle vague e di Pontecorvo e la vicenda del carrello di Kapò che fa avvicinamento. Rivette, uno dei grandi teorici, lo disprezzò. Polemica lunghissima sulla moralità di fare carrellate su eventi come i genocidi. Prima di mettermi all’opera, senza scalfire… senza i mezzi grandissimi di Schindler’s List, cercare di farlo con arguzia e con eleganza. Cercare di andare all’essenza. In quei 4 minuti racconti una giornata che ha avuto dozzine di volumi. Si sentono, prima ancora che comincino le raffiche di mitra. Avevano sparato tutta la notte per far rintanare le persone nelle case per meglio fare la razzia. Ti ringrazio delle parole. Abbiamo cercato di fare Cinema.
Di Rienzo : La scena del convento, con la ruota dei bambini e la struttura in questa maniera…
Francesco Gallo, Ansa : Mi ricollego alla domanda di Catello Masullo mi e’ interessato nei primi minuti del film con un B/N che mi ha ricordato un film di Rossellini, ma con un montaggio moderno molto dinamico. E sugli effetti speciali: quali le nuove tecnologie utilizzate per le location, per togliere le modifiche post ’43?
Regista : Hai centrato perfettamente: abbiamo guardato tanto cinema anni ’60. Io sono un maniaco di Godard. La fotografia così incisa era quello che mi interessava. I film a cui ci siamo più ispirati sono Kapò, L’oro di Roma, Schindler’s List, Train de vie, La vita è bella, tantissimi documentari. In quei 5 minuti, quel momento, e’ un ricordo della nostra protagonista che viene fuori nel corso del film. Non racconto in modo oggettivo. Nella mia testa sono flash della mente di quella nonna che confonde, ricorda quello che ha vissuto. Quello che consegnavo al direttore della fotografia è una nebbia che piano piano si dirada. Immagini all’inizio scure, che diventano sempre più nitide. Tornano quasi i colori della ruota quando lei mette tutto a fuoco. Un incubo, con sensazioni di agitazione dei pensieri, che diventa finalmente nitida, a colori. La tecnologia ci ha aiutato a cancellare quello che e’ attuale: qualche antenna, qualche auto. Non è stata necessaria una grande azione. Anche il lungotevere è rimasto quasi intatto.
Elena Caffarelli – RaiPlay : Siamo molto contenti. E’ una grande opportunità di fare servizio pubblico. In un anno e mezzo il target si e’ molto ringiovanito. Questa offerta cade in un giorno che ricorda una delle grandi tragedie dell’umanità. E’ un film fresco. Mi piace che ci sia un racconto tra generazioni. La nonna che e’ più moderna della mamma. Tutto questo è un mix di ingredienti con cui il servizio pubblico fa una ampia commemorazione, con il film di Giulio Base che e’ al centro.
Elisabetta Zazza : Complimenti per il film. Ci sono delle inquadrature in cui i ragazzi si capiscono senza parlare. E la scena finale muta mi ha emozionato tantissimo. Ho trovato assonanze con Bar Giuseppe. Quanto e’ importante il silenzio per te?
Regista : Il silenzio e’ il linguaggio di Dio. Il modo con cui ci parla se lo vogliamo ascoltare. Anche Bar Giuseppe e’ un film molto spirituale. La protagonista si converte. E la nonna resta Cristiana pur essendo nata ebrea. Nella cultura ebraica non c’è differenza tra vita politica e vita religiosa. Anche io le mie le ritengo un po’ ebraiche. Il silenzio è parte di questa religiosità e i miei registi preferiti sono quelli del muto, Murnau, Lang, il primo Chaplin. Ho sempre pensato di fare cinema di immagini, senza suono. Se questo anche per poco è venuto fuori, ne sono contento.
Antonella Piperno, Panorama : Hai girato dentro il liceo Renzo Levi e iI convento dell’Aventino? Fai luce su quel periodo. Una figura cattolica che ti ha aiutato come Di Segni c’è stata?
Regista : Sì, abbiamo avuto la fortuna di girare in tutti i luoghi veri. Nessuno ha mai girato nel ghetto con tanta libertà. Anche nella sala del bagno della comunità. Dentro la sinagoga. Dentro il liceo, dentro alla sinagoga più piccola dove c’è l’ufficio del preside. Il corrispettivo cristiano non c’è stato, mi sono preso la responsabilità da solo. Claudio Procaccia ha scritto dei libri su quel periodo. Con tabelle di chi è stato salvato, in grande maggioranza da istituti religiosi. Mi urge spendere due parole su Domenico Fortunato che ha conosciuto Israel. Ogni volta che lo vedo nel suo tono di voce c’è un po’ di Israel, di quella calda energia luminosa.
Massimo Balsamo : Come ha lavorato sul dialogo tra le diverse religioni?
Regista : E’Il frutto delle ore di conversazione e di ascolto con il Rabbino capo di Roma. Ogni parola è stata soppesata, riscritta, rigirata. Non mi sono mai innervosito come è accaduto in precedenza. Quando hanno detto alle ragazze “vi dobbiamo controllare prima di entrare alla sinagoga”. Oppure la battuta “come ve le inventate ‘ste cavolate?” Tutto ciò che riguarda il dialogo tra ragazzi cristiani ed ebrei è stato frutto di ore e ore di discussione.
Alessia De Antonis, Giornale dello spettacolo : A partire dalla scena del tempio quando l’accesso viene negato in modo respingente… Quella cosa viene ripetuta anche in altre scene. Atteggiamento respingente della comunità ebraica. C’e’ la revisione per non essere più una comunità separata? Essere tutti appartenenti al genere umano? Revisionismo all’incontrario?
Regista : Penso che questo film racconti proprio la volontà di abbattere dei muri. Non possiamo non dirci ebrei, parafrasando Croce. La più antica comunità ebraica d’Europa è quella di Roma, di alcuni secoli precedente la comunità cristiana. “Italia penisola della rugiada del mattino..”. Non trovo che sia respingente, ma è un modo di proteggersi. Da attentati, ecc. Quello che avviene dappertutto. Il mondo è cambiato. Questo film è stato l’esempio di come siamo stati accolti, ci hanno spalancato le porte. Ho fatto tante amicizie. Siamo romani e italiani. Parte della stessa umanità. Io e Sergio Cammariere ci conosciamo da 30 anni. Ha anche avuto il Nastro d’Argento per Il banchiere anarchico. Una pioggia di stelle, la sua canzone, sembrava parlare del nostro film. Ho cercato di legare i due luoghi sacri, il Vaticano e la Sinagoga in un unico abbraccio, con una ripresa dall’alto e con la canzone di Cammariere. Non è un brano originale.
Del Brocco : Giulio tra le molteplici lauree che ha, ne ha anche una in teologia. Una richiesta a tutti i ragazzi. Fate i medium manager di questo film. Per poterlo far conoscere il piu’ possibile. E fatelo fare anche ai vostri amici. Perché e’ giusto farlo vedere. Si può dare il link di Rai Play. Lavoro straordinario di servizio pubblico.