Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma (Recensione di Catello Masullo)
ITALIA – 2020
(sinossi e credits da cinematografo.it)
Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma
ITALIA – 2020
Sinossi : La storia di Sofia e di un gruppo di ragazzi cristiani ed ebrei, dove il passato si intreccia col presente. Il ritrovamento di una lettera e di una misteriosa foto di una bambina porterà Sofia e i suoi giovani amici alla ricerca della verità. Una storia in cui il dolore si unisce alla speranza e in cui diverse religioni diventano una cosa sola. Cercando di svelare il mistero che si cela dietro quella foto, Sofia e i suoi amici affronteranno quindi un avventuroso viaggio attraverso la memoria di un passato doloroso e difficile da dimenticare come quello del rastrellamento del quartiere ebraico di Roma e insieme, attraverso l’amicizia e il ricordo, riusciranno a trasformare tutto questo nell’occasione per ritrovare una nuova speranza.
- Regia:
- Attori:
– Sofia,
– Ruben,
– Lea,
– Tato,
,
– Valentina,
,
– Giulia,
– Riccardo,
– Suor Lucia,
– Volterra,
– Suora Portinaia,
– Padre Ilan,
– Padre di Lea
- Soggetto: Israel Cesare Moscati, Marco Beretta
- Sceneggiatura: Israel Cesare Moscati, Marco Beretta, Giulio Base
- Fotografia: Giuseppe Riccobene
- Musiche: Pietro Freddi
- Montaggio: Mauro Ruvolo
- Scenografia: Walter Caprara
- Costumi: Magda Accolti Gil
- Suono: Piero Parisi – (presa diretta), Stefano Varini – (montaggio)
- Durata: 100′
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Produzione: SANDRO BARTOLOZZI, CESARE FRAGNELLI PER ALTRE STORIE, CLIPPER MEDIA, CON RAI CINEMA
NOTE
– PRESENTATO IN ANTEPRIMA ALLA XV FESTA DEL CINEMA DI ROMA (2020).
– REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DELLA REGIONE LAZIO-FONDO REGIONALE PER IL CINEMA E L’AUDIOVISIVO; CON IL PATROCINIO DELLA COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA.
– DISPONIBILE SU RAIPLAY DAL 27 GENNAIO (2021).
Recensione di Catello Masullo : Ogni volta che ci si accinge a vedere un film, leggere una storia o assistere ad una rappresentazione di storie dell’olocausto degli ebrei da parte dei nazisti, si e’ portati, anche inconsciamente, a chiedersi : “ma non e’ stato già detto, scritto, rappresentato ormai tutto?”. Salvo poi ricredersi e concludere che non si finisce mai di imparare e scoprire cose nuove (e che serve continuare a cercare e raccontare, fino a quando esisterà un negazionista che metta in dubbio la verità degli accadimenti : fu straordinario profeta il Presidente USA Harry S. Truman, quando seppe dei campi di sterminio appena liberati, disse : “filmate tutto, arriverà un giorno in cui ci sarà qualcuno che negherà che tutto questo sia avvenuto!” ). Lo sapeva bene Israel Cesare Moscati, che aveva a lungo provato a raccontare questa storia. Ne voleva fare un documentario. Con quel suo stile originale ed inimitabile : parlare di quelle storie antiche attraverso la attualità. Sono poi venuti tanti laboratori con ragazzi giovani, sia di religione ebraica che di altri credi. Ed e’ poi arrivato Giulio Base, attore ed autore raffinatissimo. E coltissimo, con una laurea in teologia. E la preparazione si e’ diretta verso il film di finzione. Con una collaborazione attivissima dello stesso Moscati, a sei mani, con il regista e Marco Beretta. Arrestatasi bruscamente solo con la prematura scomparsa di Moscati, pochi mesi orsono. Il film e’ totalmente riuscito. Con un incipit strepitoso (“chi mena pe’ primo, mena du vorte”, si dice a Roma), che ho tratteggiato nella domanda che ho fatto al regista, e di seguito riportata. Con una cura straordinaria, al limite del maniacale (chiedetelo alla segretaria di edizione…), di ogni minimo dettaglio. Perfino nella partitura musicale, che racconta della nostalgia di qualcosa che si e’ perduto, ma anche della speranza, per usare le parole della straordinaria nonna di Aurora Cancian, molto più moderna della mamma. Con momenti di commozione intensissima, come nell’abbraccio finale, con un azzeramento di audio che ne esalta ancora maggiormente gli effetti e che richiama, potentissima, la suggestione del potere delle sole immagini, come avveniva nel grande cinema muto. Da non perdere.
Curiosità, ho chiesto al regista: “Giulio, mi hanno molto colpito le prime immagini dei film con riprese molto raffinate ed eleganti, che mi hanno ricordato le ombre scolpite di Giuseppe Riccobene de Il banchiere anarchico. Mi hanno dato l’idea di una ossimorica contrapposizione alla crudeltà inarrivabile della scena. Era questo l’effetto che ti proponevi di far arrivare, soprattutto agli spettatori più giovani?”
Questa la risposta di Giulio Base : “Ti ringrazio dell’osservazione. E’ stato difficile. Il racconto e’ moderno. Il 16 ottobre del ‘43 non era stato affrontato prima. Resto sempre il cinefilo e studente di cinema, della nouvelle vague e di Pontecorvo e la vicenda del carrello di Kapò che fa avvicinamento. Rivette, uno dei grandi teorici, lo disprezzò. Polemica lunghissima sulla moralità di fare carrellate su eventi come i genocidi. Prima di mettermi all’opera, senza scalfire… senza i mezzi grandissimi di Schindler’s List, cercare di farlo con arguzia e con eleganza. Cercare di andare all’essenza. In quei 4 minuti racconti una giornata che ha avuto dozzine di volumi. Si sentono, prima ancora che comincino le raffiche di mitra. Avevano sparato tutta la notte per far rintanare le persone nelle case per meglio fare la razzia. Ti ringrazio delle parole. Abbiamo cercato di fare Cinema”.
E’ quindi intervenuto sul tema Francesco Gallo, Ansa : “Mi ricollego alla domanda di Catello Masullo, mi e’ interessato nei primi minuti del film con un B/N che mi ha ricordato un film di Rossellini, ma con un montaggio moderno molto dinamico. E sugli effetti speciali: quali le nuove tecnologie utilizzate per le location, per togliere le modifiche post ’43?”
Regista : “Hai centrato perfettamente: abbiamo guardato tanto cinema anni ’60. Io sono un maniaco di Godard. La fotografia così incisa era quello che mi interessava. I film a cui ci siamo più ispirati sono Kapò, L’oro di Roma, Schindler’s List, Train de vie, La vita è bella, tantissimi documentari. In quei 5 minuti, quel momento, e’ un ricordo della nostra protagonista che viene fuori nel corso del film. Non racconto in modo oggettivo. Nella mia testa sono flash della mente di quella nonna che confonde, ricorda quello che ha vissuto. Quello che consegnavo al direttore della fotografia è una nebbia che piano piano si dirada. Immagini all’inizio scure, che diventano sempre più nitide. Tornano quasi i colori della ruota quando lei mette tutto a fuoco. Un incubo, con sensazioni di agitazione dei pensieri, che diventa finalmente nitida, a colori. La tecnologia ci ha aiutato a cancellare quello che e’ attuale: qualche antenna, qualche auto. Non è stata necessaria una grande azione. Anche il lungotevere è rimasto quasi intatto”.
Valutazione Sintetica : 7.5