Riapertura delle sale e critica cinematografica
di Armando Lostaglio
Dopo sei lunghi mesi di chiusura, con il ripristino delle fasce gialle, i cinema e i teatri hanno ripreso le proprie attività. E anche in Basilicata. Eppure l’unica sala che lunedì 10 maggio ha riaperto i battenti è stato il Don Bosco di Potenza, poi si spera potranno aprire anche le altre sale. In programmazione il film che è stato appena premiato agli Oscar e vincitore a Venezia lo scorso settembre: “Nomadland”. Va ricordato – da un Censimento effettuato da CNA cinema audiovisivo – che in Basilicata sono attive 14 sale, con 29 schermi, per un totale di 7002 posti che, a regime, andrebbero quantomeno dimezzati a seguito delle misure cautelari. Eppure, rispetto alle riaperture dopo il primo lockdown dello scorso anno, sembra che la ripartenza abbia basi più solide, nonostante i dovuti distanziamenti. Si avverte, dunque, un maggiore bisogno di vedere le opere sul grande schermo. Cinema come bene pubblico, da vedere insieme, in sala possibilmente, per meglio discutere degli aspetti estetici, delle emozioni suscitate, del particolare. Il Cinema, non ci stancheremo mai di evidenziarlo, si vede al cinema; in Televisione, quantunque ci si metta d’impegno, non si otterrà mai lo stesso effetto di “immersione” in una storia. Lo spettatore deve essere soddisfatto della visione totalizzante, anche per rispetto verso chi propone un suo lavoro creativo: un cineasta e tutto il vasto apparato produttivo.
I giovani manifestano il piacere della visione collettiva, scaturita da recenti lezioni di critica cinematografica svolte prima della pandemia (come all’Istituto Superiore “Giustino Fortunato” di Rionero – indirizzo artistico, con la dirigente Antonella Ruggeri) e di recente ai licei di Montecatini e di Udine, mediante il Montecatini Film Festival di Marcello Zeppi. Gli studenti mostrano, in una prossemica costruttiva, una buona disposizione verso la materia (alquanto nuova) che li porta a ragionare sugli argomenti che il Cinema d’Autore pone in termini di crescita interiore, e in relazione alle ricadute in termini economici nell’ambito di una comunità. “Andare al cinema è come andare in chiesa” sentenziava Martin Scorsese; purtroppo, questa potrà divenire una liturgia sempre più di nicchia, con i nuovi strumenti di diffusione dei film. E tuttavia, la critica conserverà il suo ruolo storico. Il platonico mito della caverna e la sala di proiezione conservano una similitudine emozionante: uomini fermi, incatenati, ed un fuoco acceso alle loro spalle che proietta ombre sulla parete davanti ai loro occhi. Quando usciranno all’aperto proveranno smarrimento, scoprendo che quanto visto e conosciuto è solo un’ombra del mondo reale. La moderna sala buia crea il medesimo turbamento nel ritorno alla luce. Il critico può allora intercedere fra la storia partecipata al buio e la (luminosa) oggettività circostante.