Rionero in Vulture senza cinema e teatro, dopo 150 anni, di Armando Lostaglio

Rionero in Vulture senza cinema e teatro, dopo 150 anni

 

di Armando Lostaglio

 

Una comunità, senza una sua piazza-agorà e senza un teatro, annienta ed annichilisce una storia che ha quasi tre millenni, ed è indegna di chiamarsi tale. Non è comunità, ma congerie irrilevante di case e di abitanti.

E’ l’amara considerazione che scaturisce all’interno comunità di Rionero in Vulture, che da quasi un decennio non ha più un suo cinema né teatro. Nonostante tutto, il CineClub “De Sica” Cinit – che abbiamo fondato da quasi un trentennio –  non smette le proprie attività di cultura cinematografica, compiendone almeno una quarantina ogni anno, non solo nella città fondativa. Si utilizzano sale di “fortuna” (centro Anziani, giovanile parrocchiale) adibendole alla bisogna, oppure realizzando proiezioni in arene d’estate (come a Monticchio) o in atri storici (Giardino palazzo Fortunato).  “Portatori sani di bellezza” definisce il sociologo De Masi chi diffonde cultura.

 

Il moderno CINEMA TEATRO ARCOBALENO, con 420 posti, su due piani, chiuso da quasi dieci anni, fu fra i primi ad utilizzare il Cinemascope in regione negli anni ’70; gestito dalla signora Linda Larotonda Vorrasi, moglie del cav. Vincenzo, e dai figli (Bruno, Lillino e Gigetto) da sempre nel settore delle sale e teatri a Rionero in Vulture, proponeva una ricca programmazione di film appena distribuiti nei circuiti. In quella sala si sono svolte le mostre CinEtica del De Sica, (ben diciotto) oltre a spettacoli teatrali e canori. Oggi è irrimediabilmente chiuso, come sbarrato e in disuso totale è il Teatro LA PICCOLA, un vecchio magazzino ferroviario adiacente alla stazione, restaurato e adibito a teatro sperimentale, oltre che a proiezioni per le scolaresche, rimodernato verso la fine degli anni ’90 e capace di meno di cento posti a sedere. Nasce su idea del regista e sceneggiatore Pasquale Plastino, autore di diversi film di Carlo Verdone.

Riavvolgiamo la nostra moviola del tempo, e scoprire a ritroso quanto teatro e cinema, fin dagli albori del cinema muto, Rionero e i suoi intraprendenti cittadini, sono stati capaci di realizzare.

Apprendiamo le note dal libro “Il teatro a Rionero – Maschere e tradizioni dall’Unità d’Italia ai giorni nostri” scritto dal docente Mauro Corona (Rino), attore fondatore del Gruppo 8 (1977) e già calciatore della storica Vultur, fondata da suo padre don Pasquale (cui è intitolato lo stadio).

Dopo l’Unità d’Italia, con le pagine feroci del Brigantaggio con implicazioni politiche, sociali ed economiche emigrazione compresa, a Rionero si intravvedono i segni di una lieve ripresa, tanto da diventare uno dei centri più attivi e culturalmente avanzati, punto di riferimento della intera area. L’attività dello spettacolo dal vivo da i primi vagiti già dalla fine dell’Ottocento: si realizza il Teatro San Carlino in Largo Purgatorio, somigliante al San Carlo di Napoli, con una decina di anni ininterrotti di spettacoli. Nicola Rosario Corona (tra l’altro autore di alcune operette) mise a disposizione un suo fabbricato di fronte alla Chiesa dei Morti:  “Quella domenica d’autunno del 1881 – dichiarava – gli animi erano alle stelle per la prima teatrale e, in questa atmosfera frenetica, iniziò il programma di sala con un concerto lirico diretto dal maestro Capocetti, fra i magnifici orchestrali si esibirono Camillo Plastino, Saverio Cicchiello e Raffaele Giambersia”. Da quel momento in poi il San Carlino tenne regolari concerti e spettacoli con compagnie provenienti dalla Campania e dalla Puglia. Purtroppo, per problemi finanziari, il teatro sarà chiuso a fine Ottocento.

Il nuovo secolo impresse un risveglio in tutti i campi e, seppur con ritardo, alcuni cittadini di Rionero diedero un valido contributo con iniziative a livello sociale e culturale.

Il teatro del primo Novecento fu di matrice prettamente popolare e gli spettacoli si realizzavano in locali occasionalmente adibiti a teatro: nei due locali di Via Raffaello (in seguito Mulino Di Lucchio), dove l’attività veniva gestita da Antonio detto Lu Turc’, e negli spazi dell’ex Taverna Amorosino in Via Nazionale. Erano tempi duri e il teatro era di certo povero, semplice e adatto ad un pubblico poco colto, che addirittura si portava le sedie da casa; a pubblicizzare l’arrivo delle compagnie teatrali, era il banditore di paese.

Con la prima guerra mondiale, si frammentarono le attività di arte e di cultura; nonostante i disagi sociali, proprio in questi anni entrò in funzione il TEATRO COMUNALE EDEN (nello stesso locale dove un tempo sorgeva quello Municipale) che continuò a mantenere una certa attività con spettacoli di burattini e marionette, fino all’arrivo del cinema muto.

Ma che jè stu cinematografo??? Si chiedevano i rioneresi, e anche dai paesi vicini arrivavano cittadini rapiti da cotanta curiosità. Arrivato il cinema a Rionero, l’Eden iniziò regolarmente la proiezione di film muti e film Luce.

Come se non bastasse l’Eden, intorno al 1924, venne aperto un nuovo locale, il CINEMA IOLANDA, da Sci Pietro, un sarto che aveva la sua bottega proprio a fianco al cinema e lì faceva i biglietti. Di tanto in tanto ospitava anche spettacoli di burattini e marionette che tanto conquistavano i bambini. Chi non aveva soldi, poteva pagare con uova, prosciutti, farina, e persino legna. Iniziavano quindi ad arrivare film con il sonoro e la meraviglia si espanse ulteriormente nelle comunità vicine.

Nonostante il devastante terremoto del 1930 avesse procurato sconforto, dolore e lutto, non fu del tutto abbandonata l’idea di realizzare commedie e operette, a dimostrazione di quanto i rioneresi amassero il teatro e il cinema. I lavori realizzati all’Eden, che nel frattempo aveva cambiato nome in CINEMA TEATRO MODERNO, ne erano la prova.

Applauditissimi erano i concerti che si tenevano nel TEATRO MUNICIPALE, un locale rettangolare sotto il loggione della Chiesa Madre (oggi c’è la pasticceria Libutti). Cinema, musica e teatro iniziarono a coinvolgere tutta la popolazione, anche se i maggiori fruitori erano le famiglie benestanti, molte delle quali provenivano dalla Campania e ben conoscevano il mirabolante mondo dello spettacolo, che animava i teatri del San Carlo, del San Ferdinando e del Colonna.

Negli anni 50, determinante fu l’attività cinematografica, avviata dall’arciprete Michele Di Sabato, nell’ambito dell’Azione cattolica presso la Chiesa Madre, i cui giovani animavano la vita di parrocchia con spettacoli musicali e brevi rappresentazioni. Nella cappella annessa alla Chiesa sorse così il CINEMA SANTISSIMO, che nel 1960 prese il nome di CINEMA SAN MARCO: con oltre un centinaio di posti su due livelli, si programmavano film soprattutto a carattere educativo e per ragazzi. Il San Marco come cinema restò in vita oltre dieci anni.

Incombeva intanto la seconda guerra mondiale, tanti i giovani lucani chiamati al fronte. E a Rionero i combattenti reduci del primo conflitto decisero di costruire un teatro: siamo nel 1934, come da foto storica Archivio Lacetra, la progettazione è affidata all’ingegnere Giuseppe Catenacci, da sempre amico personale del senatore e storico Giustino Fortunato.

Al centro della centralissima Piazza XX Settembre, sorse così un maestoso edificio nel quale l’ingegnere ricavò una sala a ferro di cavallo che poteva ospitare meno di quattrocento persone. Su due livelli (platea e galleria), alla sommità del palcoscenico fu posta l’epigrafe: “Cittadini accorrete lietamente ad educare lo spirito, per voi adattarono e costruirono questo tempio sacro alle Muse i combattenti della grande guerra nell’anno 1936, il generoso esempio vi inciti alle nobili opere“.

Il cineteatro venne denominato COMBATTENTI.

Simbolo storico di Rionero, gestito dai fratelli Cammarota, e prima ancora dal cav. Vorrasi, convisse per decenni con il cinema Arcobaleno Vorrasi. Una domenica capitò di vedere contestualmente Giancarlo Giannini in due film estremamente diversi: al Combattenti Il Bestione di Corbucci (in un ruolo sarcastico e brillante) mentre al Vorrasi L’innocente di Visconti, drammatico. Glielo raccontammo al grande attore, evidenziando la sua immensa versatilità attoriale.

Sull’onda del successo del cinema, negli anni ‘60 nascevano piccole sale di proiezione anche nei vicini comuni di Barile, Atella e Rapolla. A Melfi due sale, ma era Rionero il riferimento zonale del cinema e del teatro.

Il Combattenti sopravvisse fino agli ultimi anni ’70 con i film a luci rosse. Una fine poco gloriosa, tenuto conto che qui venne proiettato, fra le anteprime in regione, Il padrino di F.F. Coppola, ai primi anni ’70: folle di spettatori da ogni dove, regolamentate dai vigili urbani: uno spettacolo ancora vivo nella memoria collettiva. Rimase pressoché abbandonato a seguito dei danni subiti durante il terremoto del 1980. Nel 2005 viene deciso l’abbattimento in quanto ritenuto fatiscente, a seguito di una delibera della Giunta Romaniello, nonostante una tesi di laurea di studentesse di architettura ne avessero sancito la possibilità di un totale recupero. Ai rioneresi è stato così sottratto un ultimo baluardo di civiltà, una offesa alla memoria dei padri combattenti e reduci; ai cittadini non è dato sapere, dopo la demolizione, dove sarà stato ricostruito.

Ogni tanto si è fatto teatro e un po’ di cinema nell’auditorium del Centro sociale, con un pessimo audio nonostante i parziali accorgimenti.

I centocinquant’anni di avventura del cinema e del teatro a Rionero si concludono con rimpianto e rammarico. Sfuma quell’antico amore che i rioneresi hanno sempre nutrito per l’arte dello spettacolo.