Cronofobia (Recensione di Catello Masullo)
(credits da IMDB)
Cronofobia (2018) (in uscita a Luglio 2021 in Italia)
Directed by
Francesco Rizzi |
Writing Credits (in alphabetical order)
Daniela Gambaro | … | (writer) |
Francesco Rizzi | … | (writer) |
Cast (in credits order)
Produced by
Gabriella de Gara | … | co-producer |
Tolga Dilsiz | … | associate producer |
Villi Hermann | … | producer |
Alessandro Marcionni | … | co-producer |
Michela Pini | … | producer |
Music by
Zeno Gabaglio |
Cinematography by
Simon Guy Fässler |
Film Editing by
Giuseppe Trepiccione |
Casting By
Roberta Corrirossi |
Production Design by
Georg Bringolf |
Art Direction by
Georg Bringolf |
Costume Design by
Laura Pennisi |
Makeup Department
Romaric Colombini | … | makeup artist |
Martine Felber | … | hair stylist / key makeup artist / makeup artist |
Production Management
Sara Bühring | … | production manager |
Michela Pini | … | production manager |
Nicole Schwizgebel | … | unit manager |
Second Unit Director or Assistant Director
Giorgia De Coppi | … | assistant director / first assistant director |
Sound Department
Patrick Becker | … | sound mixer / sound |
Alberto Bernardi | … | sound mixer |
Edgar Iacolenna | … | boom operator |
Riccardo Studer | … | sound editor |
Visual Effects by
Giordano Canova | … | visual effects |
Marco Panci | … | visual effects artist: cg artist |
Camera and Electrical Department
Greg Amgwerd | … | gaffer |
Simon Bitterli | … | best boy |
Malte Kneib | … | key grip |
Linus Rieser | … | second assistant camera |
Micky Schärer | … | focus puller |
Editorial Department
Yves Roy Vallaster | … | colorist |
Simone Veneroso | … | assistant editor |
Location Management
Nicole Schwizgebel | … | location manager |
Script and Continuity Department
Francesca Vegezzi | … | continuity / script supervisor |
Additional Crew
Laura Donato | … | production assistant |
Recensione di Catello Masullo: Per una volta vorrei rovesciare l’ordine consueto. Che prevede che metta le risposte a mie eventuali domande da parte del regista alla fine della recensione, quasi come una curiosità. Per questo film lo scambio di domande e risposte con il regista, e con l’intervento anche del produttore e della co-sceneggiatrice racconta molto di più di quello che avevo in mente di scrivere in una recensione tradizionale.
Ho chiesto al regista : “Francesco, Cronofobia ha avuto importanti riconoscimenti in vari festival importanti, come Bogotà, Festival del Cinema Europeo, Max Ophüls Festival, Tallin, Zurigo, tutti nel 2018, è la tua opera di esordio nel lungometraggio di finzione, considerando che “La Culla del Dio Morente” è un documentario ed è una co-regia, ci sono voluti 3 anni e il coraggio di Distribuzione Indipendente di Giovanni Costantino per averlo in sala, cosa è successo in questi 3 anni, a parte il covid?
La poesia Nirvana di Charles Bukowski è il fil rouge, e forse qualcosa di più, quasi una spina dorsale attorno alla quale la storia si avvita, cosa significa per te?
Che rapporto c’è tra la paura del tempo che scorre troppo veloce per viverlo a pieno e le gabbie mentali e fisiche in cui i due protagonisti di rinchiudono?
Cosa ti ha affascinato del meccanismo della sostituzione del protagonista, che deve sempre essere qualcun altro, fino a rompere il meccanismo nel finale per salvare la sua vittima, ma in fondo anche per ritrovare sé stesso?”
Questa la prima risposta di Francesco Rizzi, il regista svizzero: “il film è del 2018 ha fatto un lungo giro di festival. È stato distribuito in Germania. C’è stata la pandemia. Un film non semplicissimo da vedere, lo sapevamo. Sono molto soddisfatto del percorso che il film ha fatto. È in programma l’uscita in un altro paese. Sono felice di Distribuzione Indipendente. Dalla riposta che abbiamo avuto dai festival, come primo film sono molto soddisfatto.
Nirvana di Bukowski è stata uno dei punti di partenza della storia. Contiene una verità profonda sul tempo. Sentimento contraddittorio che sta alla base del film. Eterno movimento, senza legami con niente e nessuno. E allo stesso tempo la nostalgia e la voglia di trovare piccole certezze. Il viaggiatore della poesia di Bukowski parla di una estasi di un momento in cui rimanere per sempre. Ma tutto ciò sembra così perfetto proprio perché non possiamo restare lì per sempre. Suter (il nome del protagonista, interpretato da Vinicio Marchioni, ndr.) è per me è un uomo che viaggia senza meta fuggendo sempre da sé stesso. Al contrario Anna si è seduta in questo bar e non vorrebbe più andarsene. Legata ai ricordi che si rifiuta di abbandonare. Mi piaceva l’idea di usare questa poesia struggente e di grande potenza, anche per accostare Bukowski che non ha mai fatto uso di maschere nella sua vita, sempre cruda e manifesta. Il contrario del personaggio di Suter.
La paura del tempo che scorre, si, in relazione alle gabbie mentali. La cronofobia è il non essere in grado di affrontare la vita. Lunghi periodi di inattività, come per i detenuti, ecc., i due personaggi principali, in modo molto diverso da loro, in eterna fuga da sé stessi. Anna congelata nel tempo in questa casa, sorta di mausoleo in cui si aggrappa disperatamente ai ricordi, per me sono dei prigionieri, che hanno costruito intorno a loro gabbie. Abbiamo lavorato molto visivamente sulla gabbia, le sbarre, lo stesso furgone, la casa di Anna.
Sulla sostituzione, cosa mi ha affascinato. La simulazione è un elemento dominante della nostra vita, del mondo in cui viviamo. Se ne parla in modo negativo, manipolazione, fake news. Credo che la simulazione abbia anche lati positivi. Un modo per immedesimarci negli altri. Credo sia un modo di illuderci, di sperimentare che altrimenti non potremmo sperimentare nel tentativo di padroneggiare la vita. Alcune volte abbiamo bisogno anche di mentire a noi stessi altrimenti la vita sarebbe insopportabile.
La storia personale di Suter che è un sostituto da quando è nato. È cresciuto con il peso del paragone, come se avesse interpretato qualcun altro tutta la vita. Come subisse questa presenza, di aver preso il posto di qualcun altro. Ho studiato casi reali. L’ho trovato molto affascinante”.
Ho ancora chiesto: “Mi piacerebbe sapere anche qualcosa del cammino produttivo verso l’opera prima, che è sempre problematico e richiede in genere atti di eroismo da parte degli autori che approcciano il proprio primo film”.
Ancora del regista la prima risposta: “è sempre una sfida, una cosa a cui pensavo da tanto tempo. È chiaro che sono cosciente che come opera prima era molto rischiosa. Ma ho sempre avuto questa mia idea, si dice che se non hai veramente paura di fare qualcosa è inutile farla. È stato un percorso molto lungo, ha richiesto molto tempo lo sviluppo della sceneggiatura. Abbiamo fatto workshop internazionali. In Polonia è stato selezionato alla scuola di Andrej Wajda. Ho avuto modo di conoscerlo. Villi ha combattuto fino alla fine”.
Villi Hermann (il produttore, ndr.): “quando si inizia un film parlato in italiano in Svizzera dove siamo una minoranza, abbiamo sempre sognato fino alla fine di fare una coproduzione con l’Italia. Ci sono molti italiani nella produzione. Abbiamo fatto la domanda al Mibac. Anche noi in Svizzera abbiamo il ministero. Purtroppo il Mibac non aveva abbastanza soldi. Il problema era fare o non fare il film. Alla fine abbiamo deciso di fare il film solo con mezzi svizzeri e con attori italiani”.
Daniela Gambaro (co-sceneggiatrice, ndr.): “Francesco era molto determinato. Un’opera prima molto ambiziosa. Non si è spaventato con le difficoltà. È andato avanti come un treno. È stato un atto di personalità da parte sua. Richiede una partecipazione attiva da parte dello spettatore, credo che sia stato maturo, oltre quello che si può pensare, ed una regia talentuosissima”.
In definitiva non posso non concordare con questa analisi finale della co-sceneggiatrice. “Cronofobia” è un film molto ambizioso, complesso ed intrigante. Mette in luce una padronanza del mezzo espressivo inusuale e sorprendente per un “debuttante”. Che dirige alla grande attori in grande spolvero, con una delle interpretazioni migliori di sempre del nostro Vinicio Marchioni, e sa destreggiarsi da maestro nelle atmosfere inquietanti che sono funzionali alla storia. Lasciando lo spettatore nella sospensione del dubbio per gran parte del film, e tenendolo così incollato alla vicenda. Sentiremo ancora parlare di Francesco Rizzi, non vedo l’ora di vedere la sua opera seconda.
Valutazione Sintetica: 7