XIV Festival Internazionale Film Corto a tema “Tulipani di seta nera”
Analisi di tre cortometraggi finalisti
di Massimo Nardin
Zagara di Martina Bonfiglio
La roveretana Martina Bonfiglio, appena diplomata, s’è trasferita a studiare sceneggiatura a Roma (la medesima aspirazione della protagonista di “Zagara”); un paio d’anni dopo, ha girato il proprio cortometraggio in Sicilia.
All’epoca delle riprese, quindi, aveva soltanto ventun anni, ma lasciava intravedere già la maturità artistica di un autore navigato. “Zagara”, infatti, se da un lato denuncia gli inevitabili limiti e le disomogeneità di un’opera d’esordio, dall’altro manifesta un’encomiabile padronanza del mezzo cinematografico, che si concretizza in un disinvolto impiego del piano-sequenza e in punti di vista sempre insoliti e stranianti – penso all’introduzione della figura del padre, “guadagnato” di spalle quando la figlia lo va a salutare, o ai discorsi fuori campo dei familiari mentre Lucia lavora in cucina, momento efficacemente spezzato dal grido, anch’esso fuori campo, lanciato dal padre, alla (impossibile) ricerca del cane «Rudi!».
Un coraggio prezioso, quello di Bonfiglio, che ha potuto esprimersi al meglio anche grazie alla meravigliosa protagonista, l’intensa attrice siciliana Marianna Castagna.
The Hole di Angelo Frezza
Angelo Frezza vanta un’ampia esperienza cinematografica, come autore e come produttore. Dopo la convincente prova di “Nero su bianco”, presentato l’anno scorso al nostro Festival, conferma con “The Hole” tutta la propria maturità narrativa e di sguardo.
Per ottimizzare la produzione e garantire all’opera la massima pregnanza, egli ha scelto una location unica e due protagonisti soltanto (cui nel finale si aggiungono, rispettivamente, la stanza e la ragazza). Conscio della sua importanza, Frezza ha curato molto il sonoro, con modulazioni che rimandano agli abissi dello spazio e della coscienza e la complicità della corposa e magnetica voce di Ludovico Fremont.
Infine, rinnovando la scelta felice di Adolfo Margiotta per “Nero su bianco”, Frezza ha voluto anche qui (per il ruolo del coprotagonista) un attore comico: Ninì Salerno, una delle sorprese più gradite dell’opera. Cui Salerno regala una gamma di registri drammatici che solo un attore che si è sempre confrontato con l’ironia e l’assurdo può offrire.
In sede di presentazione, il regista ha rivelato al pubblico che la storia è la trasfigurazione di un fondamentale tassello della sua vita. E così la “necessaria verità” dei contenuti dell’opera è emersa in tutta la propria limpidezza. Sì, perché è quando si sa (o si ha presente, o semplicemente si teme) di dover lasciare questo mondo, che si anela a una pace interiore e dunque ci si domanda se si è stati – davvero e fino in fondo – delle buone persone.
Respira di Lele Nucera
Con “Respira” Lele Nucera – già finalista del nostro Festival con “Maramandra” tre anni fa – dimostra non solo pieno controllo del racconto e della messa in immagini, ma il merito di aver calato il proprio cortometraggio dentro il tessuto in cui egli quotidianamente opera (anche attraverso la scuola cinematografica da lui fondata e diretta): la Locride, che qui diventa protagonista all’ennesima potenza, con le proprie architetture, le location naturali, gli attori e le comparse reclutati tutti in loco grazie a un imponente casting tecnico-artistico che ha coinvolto (e formato) quasi mezzo migliaio di autoctoni. Persone che, a loro volta, si sono immediatamente sentite parte integrante di un progetto strategico e lungimirante.
“Respira” acquista così i caratteri di un “meta-film”, ci parla del suo piccolo protagonista e, nel contempo, della comunità reale da cui egli proviene e alla quale il regista guarda con tenace speranza e incrollabile fiducia.