LA PANDEMIA FA BENE ALLA QUALITA’ CINEMATOGRAFICA? LA MIGLIORE SELEZIONE DELLA MOSTRA DEGLI ULTIMI ANNI. di Catello Masullo

LA PANDEMIA FA BENE ALLA QUALITA’ CINEMATOGRAFICA?

LA MIGLIORE SELEZIONE DELLA MOSTRA DEGLI ULTIMI ANNI.

Catello Masullo

La selezione della 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stata una delle migliori degli ultimi anni. Ed è tutto dire, dal momento che la direzione artistica di Alberto Barbera, sempre meglio supportata e sostenuta dal Presidente della Biennale, Roberto Cicutto, è sempre stata di elevatissima qualità. La pandemia ha dunque fatto bene alla qualità cinematografica? Ci sarebbe da concludere di si. La Mostra è partita in quarta, e non ha più sollevato il piede dall’acceleratore, fino alla fine, con “Madres Paralelas”, di Pedro Almodovar, che non finisce mai di sorprendere, per la fascinosa capacità di introdurre di continuo nuovi filoni narrativi, con colpi di scena a ripetizione, di grande efficacia narrativa ed impatto emotivo, ed una cura visiva e visionaria impareggiabile, che guadagna la prestigiosa Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Penelope Cruz. Non è da meno “E’ stata la mano di Dio”, l’ultimo capolavoro di Paolo Sorrentino, un film intriso di deliziosa, colta, raffinata ed ineguagliabile ironia, meritatissimo Leone d’Argento. Grande qualità anche di provenienza d’oltralpe, con “Les Promesses”, di Thomas Kruithof, uno straordinario e vivido “dietro le quinte” della politica francese e dei meccanismi con i quali le decisioni importanti vengono prese, con interpretazioni monumentali di Isabelle Huppert e Reda Kateb. Un film di grande forza espressiva, che denuncia l’ipocrisia del sistema sociale cinese che mira a dare una immagine edulcorata ed artefatta di una società che vive molte contraddizioni e sconta retaggi ancestrali circa il maschilismo e la violenza domestica sulle donne, ci viene proposto in “Hair Tie, Egg, Homework Books”, di Luo Runxiao. “Pietro il Grande”, di Antonello Sarno, è un imperdibile condensato di storia del cinema nei meravigliosi scatti d’autore di Pietro Coccia. I film inglesi confermano di avere una marcia in più con “Last Night in Soho”, di Edgar Wright, organizzato nei minimi dettagli, con atmosfere che fanno montare la tensione gradualmente, passando dalla commedia sofisticata, con pregevoli numeri musicali anni ’60, per passare al drammatico, poi al thriller, infine all’horror puro. Potsy Ponciroli ci regala “Old Henry”, un western di stampo classico, un grande film, che ha un crescendo inarrestabile, avvincente, convincente, con una buona dose di ironia, gag irresistibili e scene d’azione esplosive e sorprendenti. Capolavoro assoluto “Ezio Bosso. Le cose che restano”, di Giorgio Verdelli, che coglie l’essenza dell’artista e dell’uomo, la sua arguzia, la sua ironia straordinaria, la sua capacità, fuori del comune, di contagiare vasti pubblici eterogenei e molto popolari al suo entusiasmo, al suo amore incondizionato per la musica. Altro grandissimo film italiano “Qui Rido Io”, di Mario Martone, che dirige una sinfonia come un abile direttore d’orchestra, ci fa immergere nella sua Napoli come fossimo danzatori di una coreografia magnificamente organizzata, ce ne avvolge, ce ne inebria di colori, sapori e sentori. Notevole l’opera seconda di Gabriele Mainetti, che, dopo l’esordio fulminante di “Lo chiamavano Jeeg Robot”, conferma tutte le doti di cineasta coraggioso, al limite del temerario, e fuori dagli schemi, uno dei pochi registi italiani che non ha timore di sfidare il cinema di Hollywood dei super eroi alla Marvel, sullo stesso terreno di gioco, con un film spettacolare, avvincente, mirabolante, visionario, fantastico, che affronta temi seri, come la diversità, con straordinaria leggerezza, senza mai, però, nemmeno sfiorare la superficialità, meritatamente insignito del Premio di Critica Sociale, la cui Giuria mi onoro di presiedere a Venezia per il sesto anno consecutivo. Un film potente, convincente, urgente e necessario, da non perdere e da diffondere, sul fenomeno agghiacciante del traffico di esseri umani da sottoporre a schiavitù, così come avviene nel terzo millennio, oggi, in tutto il mondo, è “7 Prisioneiros”, di Alexandre Moratto, Premio di Critica Sociale come miglior film straniero. Di costruzione solidissima, in tutti i reparti, con una qualità delle immagini insuperabile, dal rarefatto all’abbagliante, interpretazioni di grandissimo livello, un noir complesso ed originale, che punta a temi alti, da sempre nelle corde dell’autore è “Il Collezionista di Carte”, di Paul Schrader. Alessandro Gassmann dirige “Il Silenzio Grande”, un film, al contempo, colto, letterario, crepuscolare, raffinato, elegante, sentimentale, ironico, spassoso, inventivo, visionario, riflessivo, deliziosamente teatrale e, soprattutto, sorprendente. Di gran classe “The Last Duel”, di Ridley Scott, il quale all’età di 83 anni non smette di regalarci capolavori di arte cinematografica, spettacolari, avvincenti, senza sbavature e con cast stellati. Sorprendente “Sad Film”, di un coraggioso regista, Vasili, che ha rischiato non poco nel fare questo film, che, fortunatamente, ci arriva, grazie alla Mostra di Venezia, e ci permette di squarciare il velo piuttosto pesante che la dittatura militare in Myanmar è riuscita di nuovo a calare sulle sorti di milioni di persone in sofferenza, film prezioso ed imperdibile, condensa il suo messaggio nel commento fuori campo dello stesso autore : “Non voglio essere reincarnato in Birmania, o ovunque ci siano dittature. Vorrei essere reincarnato dove c’è libertà artistica”. “Pid pokati mai (New Abnormal)”, di Sorayos Prapapan ci fa vedere il flagello globale del Covid19 da più angolazioni, tutte con molto ironia, ed in alcuni casi anche con irresistibile comicità, un film totalmente riuscito, che coglie tutti i suoi obiettivi, con uno stile originale e straordinario. “Cùntami”, di Giovanna Taviani, è un film di raffinatissimo spessore culturale, espressione di altissima scuola attoriale, un documento di importanza fondamentale dal punto di vista della storia della cultura, ma anche di grande spettacolarità, con performance straordinarie, tutte da godere. Da segnalare, infine, Andrea Segre, con ben due film alla Mostra, un record, con il suo film di finzione “Welcome Venice” si conferma il maggiore e più sensibile cantore della magia della laguna veneziana, ed anche cultore della sua cultura, con un’opera di atmosfere sublimi, di eccellente confezione e, soprattutto, di grandi performance attoriali.

Anche dalla 78esima edizione il Cinecircolo Romano trae tre perle lucentissime per la propria stagione: “Qui Rido io di Mario Martone”, Madres Paralelas” di Pedro Almodovar ed “E’ stata la mano di Dio”, di Paolo Sorrentino.