Critiche a cura di Massimo Nardin
AU regia di OLGA KACHUGINA
AU applica quelli che sono i fondamenti del buon documentario: mettersi da parte, dietro una
quinta, e lasciar parlare i protagonisti e gli ambienti, senza spiegarli né tanto meno commentarli (al
massimo, qualche inserto musicale che funge – anche – da stacco e respiro), tanto nei luoghi e negli
incontri pubblici quanto nel privato e nell’intimità. Il compito dell’autore si limita quindi alla
semplice e preziosa creazione di corrispondenze, di pause e accelerazioni, fughe di senso e rime con
l’altro, così lontano – raggiungibile solo telefonicamente – eppure intimamente vicino. Nella frase
della madre di Tima, il senso del film: “È così” (“Sic est”, verrebbe da dire mutuando il titolo di un
altro documentario in concorso). Punto.
BRÉTEMA regia di GEMA MÍGUEZ
L’approccio dell’autore di BRÉTEMA è guidato dal massimo rispetto, il suo sguardo parte da
lontano e, quadro dopo quadro, si avvicina al microcosmo della comunità penetrando al suo interno,
finché la luce non viene spenta (assieme alla narrazione) da uno degli stessi protagonisti. Gema
Míguez lascia parlare i gesti, i lavori, l’interazione con la natura. Così, indagandola alla giusta
distanza, sa restituire lo spirito della comunità stessa: l’auspicio di una perfetta integrazione tra
l’uomo e il suo ambiente, tra muro e roccia, fuoco e farina, artificiale a naturale, senza che un
elemento abbia il sopravvento sugli altri ma orbiti sempre dentro una fragile e potente armonia.
C’ERAVAMO TANTO ARMATI regia di Arber Marra e Sander Marra; artista FRANCESCO RAINERO
Amore e guerra, amarsi e “aRmarsi”, un parallelo stilizzato, incalzante e “a spirale”, foriero di
suggestioni intelligenti e fecondamente ironiche su un’attualità tragica. Sullo sfondo della
“simulazione”, ad aprire fessure di verità e speranza, gli “angoli della spiritualità” immortalati nel
bianconero degli scatti di Andrea Ulivi.
DADALOVE regia di CHIARA AGNELLO
Con DADALOVE Chiara Agnello, per il “fondativo” tramite di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi,
raggiunge la finalità più alta di un documentario: squarciare il velo e portare uno sguardo inedito su
quello che si dà per “acquisito” attraverso il ribaltamento degli opposti. Gli autori permettono infatti
d’esprimersi compiutamente a quelli che il pregiudizio definisce “diversi” affinché questi ultimi
mettano in luce (e in crisi) la limitatezza di quello stesso pregiudizio, aprendo nuove e feconde vie
di senso non solo per chi voglia essere autenticamente “attore”, ma per la comunità umana nella sua
interezza.
FILTRO regia di FEDERICO FALCIONI artista GIULIANO CRUPI
Il racconto intimo, fresco, attento ai dettagli e alle corrispondenze (amorose e innanzitutto
identitarie) di un incontro, uno dei milioni di nuovi incontri che – con la complicità dei “social” –
accadono ogni giorno nelle nostre città. Tra una ragazza bloccata dalla propria stessa immagine e un
ragazzo, un artista, che sembra aspettarla da sempre, se è vero che il “farsi” dello spartito e del
racconto audiovisivo coincide con lei e la aiuterà a rivelarsi in tutto il suo autentico splendore.
L’ARMÉE ROUGE regia di LUCA CIRIELLO
L’ARMÉE ROUGE riesce a trasmettere la fluidità di un’unione impossibile eppure perseguita ogni
giorno dai protagonisti, che le indicibili privazioni patite hanno forgiato trasmettendo loro una
invincibile positività. Le terre da cui provengono sono lontane non solo geograficamente, ma in
fatto di esperienze, di approccio alla vita, ai valori e alle finalità dell’esistenza, di strategie per
convivere con la sofferenza superandola in un’arte spontanea, gioiosa e collettiva. E così i suoni e
gli echi di quelle origini si mescolano con una città da sempre luogo multiculturale d’incontro e
interscambio, gli uni arricchiscono l’altra e viceversa. L’autore rimane a fianco dei suoi personaggi
consentendo loro di esprimere al meglio se stessi e, parimenti, cogliendo fratture di verità sotto la
superficie “audiovisiva” che tiene unita l’“armata”.
OH MAMA MAMA regia di ANDREA AGLIERI; artista NINO WOLF
Narrazione secca e profonda che lascia intravedere una speranza senza dare risposte, limitandosi a
tracciare le tappe del rapporto difficile e forse compromesso tra una madre indurita dal dolore e un
figlio che, per fare soldi, ha scelto una via facile e pericolosa.
PROPAGANDA regia di COSIMO ALEMÀ artisti FABRI FIBRA, COLAPESCE e DIMARTINO
Vicenda kafkiana magnificamente girata da un autore talentuoso ed esperto, che qui si confronta
con tre campioni della nostra musica. I quali mutuano alla perfezione lo spirito ironico e surreale
della storia, esprimendosi “col” e “sul” testo della canzone. Che va ben oltre la “propaganda” e ci
parla di noi, dei nostri tempi, delle nostre identità frammentate, depotenziate e addirittura
intercambiabili, tanto nella sfera pubblica quanto in quella privata. Un piccolo gioiello da vedere e
ascoltare in continuazione, in un loop (kafkiano) che apre la mente e gratifica il cuore
RITROVATA regia di GUGLIELMO SERGIO; artista LAPARD
Una piccola storia di formazione che, da un “sogno” “privato”, solipsistico ed infantile, conduce –
con il necessario passaggio attraverso gli scontri e gli incontri della “realtà” – ad un nuovo “sogno”,
“sociale” e allargato, sancito dall’abbraccio con l’altro e con l’arte. Molto apprezzabile la fluidità
della narrazione, una progressione delicata dall’indistinto bosco dell’innocenza all’organizzato eppur
sempre sorprendente teatro della vita.
SETA regia di ATTILIO CUSANI ed ELISA, artista ELISA
L’autore integra con discrezione e coerenza il versante desolatamente “normale” delle
prevaricazioni subite da una ragazza con il portato sovrannaturale e, al contempo, altrettanto
naturale insito in lei e in ogni altra donna. Un carattere che può trasformare il rame in seta e
viceversa.
SIC EST regia di FLAVIO RICCI
I ragazzi di SIC EST dimostrano davanti alla videocamera dell’autore la stessa disinvoltura che
hanno quotidianamente interagendo con i propri smartphone. Il merito del documentario consiste
proprio in questo: sfruttare tale agio per offrire ai giovani protagonisti l’opportunità di aprirsi e
connettere dentro un abbozzo di racconto i frammenti della propria esistenza. Le varie storie, nel
loro andirivieni, sembrano pertanto dialogare l’una con l’altra. “Sic est” è il reportage di una presa di
coscienza collettiva che valorizza ogni singola individualità. Nel finale, le maschere cadono e una
“istantanea in movimento” illumina nuovi sguardi al di là delle parole