TORI ET LOKITA (Recensione di Catello Masullo)
(sinossi e creditis da cinematografo.it)
BELGIO 2021
Sinossi: Ambientato nel Belgio dei giorni nostri, è la storia di un giovane e di un’adolescente giunti dall’Africa da soli. La loro unica arma contro le difficili condizioni di vita che si trovano ad affrontare è la loro solida amicizia.
Regia: Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne
Attori: Pablo Schils – Tori, Joely Mbundu – Lokita, Alban Ukaj – Betim, Tijmen Govaerts – Luckas, Charlotte De Bruyne – Margot, Nadège Ouedraogo – Justine, Marc Zinga – Firmin
Sceneggiatura: Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne
Fotografia: Benoît Dervaux
Montaggio: Marie-Hélène Dozo
Scenografia: Igor Gabriel
Costumi: Dorothée Guiraud
Suono: Valène Leroy
Durata: 88
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: LUC DARDENNE, JEAN-PIERRE DARDENNE E DELPHINE TOMSON PER LES FILMS DU FLEUVE, SAVAGE FILM, ARCHIPEL 35
Distribuzione: LUCKY RED (2022)
Data uscita: 2022-11-24
NOTE
– PREMIO 75ESIMO ANNIVERSARIO AL 75. FESTIVAL DI CANNES (2022).
RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: Dei dodici film firmati dai fratelli Dardenne, ben 9 sono stati selezionati in concorso a Cannes, dove hanno vinto la Palma d’oro con Rosetta nel 1999 e L’Enfant – Una storia d’amore nel 2005, e poi con Il ragazzo con la bicicletta, Grand Prix Speciale della Giuria del 2011 e L’età giovane, premiato per la regia nel 2019. Sono sempre gli ultimi, i paria, i diseredati, i protagonisti dei film dei due registi belgi. In questo loro ultimo film lo spunto è dato da un fenomeno spaventoso, quello dello sfruttamento e/o della sparizione di minori non accompagnati che arrivano in Europa dai paesi più poveri e sfortunati del globo. Un fenomeno raramente sotto i riflettori. Il cinema dei Dardenne colma la lacuna portando alla attenzione del pubblico una storia straziante, dilaniante. Che ci fa vergognare di appartenere alla stessa etnia degli aguzzini e degli sfruttatori senza scrupoli, che si approfittano biecamente di bambini che hanno il solo torto di esistere e di voler sopravvivere. Oggetto di umiliazione sessuale, di negazione di ogni sentimento di umanità. Un film che procede, a grandi passi, nel processo evolutivo del cinema dei Dardenne che, con un linguaggio sempre meno cerebrale, sempre meno criptico, sempre meno autoriale e punitivo per lo spettatore, vuole raggiungere un pubblico sempre più vasto. Impossibile non entrare in contatto empatico con questi due adolescenti, costretti a subire violenze indicibili per vivere. Violenze che i registi non ci mostrano mai esplicitamente, ma che arrivano implicitamente e con ancora maggiore efficacia allo spettatore. Direzione degli attori magica, confezione superlativa. Un capolavoro d’arte cinematografica.
Curiosità, ho chiesto ai registi: “è un film sull’umiliazione e la emarginazione che emergono in modo prepotente e tale da mettere lo spettatore sempre fuori della zona di conforto. La evoluzione dello stile dei vostri ultimi film è andare verso la semplicità. È per andare sempre di più verso il pubblico affinché le vostre storie arrivino ad un pubblico sempre più vasto e indurlo a fare delle riflessioni sulle stesse?”. Questa la risposta di Luc Dardenne: “la nostra ossessione è dare vita a degli individui, non come rappresentanti di gruppi sociali. Cerchiamo sempre che i personaggi esistano come individui. Questo permette un dialogo tra ciascun spettatore e i personaggi. E grazie a questi due ragazzi lo spettatore possa interrogarsi ed avere un dialogo con sé stesso. Ecco perché cerchiamo di essere più semplici possibile. È il modo migliore per farlo”. Ha aggiunto Jean-Pierre Dardenne: “più semplice è e più verità c’è”.
VALUTAZIONE SINTETICA: 9