Io sono Richard Burton…, di Armando Lostaglio
“Io sono Richard Burton. Voi perdonerete il mio italiano imperfetto, ma
vorrei cercare di parlarvi senza traduzione perché quello che è accaduto
in Italia e a Firenze mi riguarda profondamente. […] Adesso Firenze ha
bisogno dell’aiuto di tutti, perché Firenze appartiene al mondo, quindi
è anche la mia città.”
È l’incipit che il grande Richard Burton fa al film documentario
diretto da Franco Zeffirelli, suo amico, girato a seguito dell’alluvione
di Firenze del 1966. Doloroso, non più delle recentissime alluvioni di
queste scorse settimane in Emilia Romagna. Anche qui tanti Angeli del
fango, anche qui sofferenza e tanta volontà di rialzarsi, mentre un
impronunciabile ministro alle infrastrutture twitta associando la
tragedia romagnola alla disfatta del suo Milan. All’orrore si aggiunge
degrado umano, istituzionale per giunta.
Ci sarà un nuovo Zeffirelli a raccontare quel che è accaduto poche
settimane fa? Chissà, però mancherebbe comunque la voce scekspiriana del
grande Burton. E sarebbe un piacere dopo il dolore e i tentativi di
recuperare una coscienza civile, a dispetto dei momentanei sciagurati
padroni del vapore. Sarebbe comunque un elogio alla storia prima ancora
che alla cronaca. Lasciare alle generazioni del presente e del futuro
(come ha fatto il regista fiorentino) un’opera filmica, perché,
sull’esempio di Cezanne, il guardare è la pazienza del ri-guardare, e il
cinema, secondo Enrico Ghezzi, “è il primo momento in cui il mondo si
rivede” .
Lo spettatore rimarrà sempre testimone della storia che gli è accaduta.
L’opera d’arte resterà, mentre i regimi e i loro epigoni saranno
l’oblio, il nulla.
Armando Lostaglio