Cinema. “Sull’orlo dell’abisso”: luci e ombre del populismo Usa di Steve Bannon
Recensione di Riccardo Rosati
Steve Bannon in “American dharma”
Un vibrante documentario, quello di Alison Klayman, che ci racconta come l’ex-stratega di Donald Trump, Steve Bannon, poi cacciato dal medesimo Presidente che ha aiutato a vincere, abbia negli ultimi tre anni guadagnato un posto di rilievo sullo scenario politico occidentale. Dal suo allontanamento dalla Casa Bianca, fino al termine della campagna itinerante tra Usa ed Europa, in questa pellicola viene fatta luce sui suoi sforzi per dare vita a The Movement: l’organizzazione creata da Bannon per promuovere una politica sovranista e populista nel Vecchio e Nuovo Continente, allo scopo di unificare a livello globale le varie formazioni di estrema destra.
Nel film, Bannon racconta senza remore di sorta di come egli stia utilizzando la sua autorità per trasformare la iniziale ideologia nazionalista americana con la quale era partito in un movimento transoceanico. Per conservare il suo potere e la sua influenza, costui, che viene dalla famigerata Goldman Sachs, nonché fondatore della società Bannon&Company e, per un periodo, direttore di Breitbart News (testata online dei suprematisti bianchi), ha sostanzialmente reinventato se stesso per la ennesima volta, autoproclamandosi leader del populismo internazionale.
Manipolatore acuto della stampa, cinico e operoso, scopriamo in questo documentario anche un Bannon dotato di grande ironia, un inquietante “seduttore”, capace di celare costantemente non solo i propri pensieri, ma specialmente i fini a cui sta mirando. Si potrebbe subito rispondere, il Potere… ovviamente, ma la domanda importante è, per farci cosa?
Steve Bannon
Parlare di Steve Bannon, senza incorrere in imprecisioni o banalizzazioni faziose, non è semplice. Sicuramente, è necessario un buon bagaglio di informazioni sulla politica americana, come pure la conoscenza del retaggio culturale afferente alla Destra contemporanea. Questo enigmatico personaggio è oggi al centro del dibattito politico europeo. Ciononostante, la vera natura del pensiero di Bannon e dei suoi progetti non viene affatto compresa. Anzi, quella stessa area politica alla quale egli ora si rivolge sta cadendo ingenuamente nella trappola tesa dallo spin doctor statunitense, come viene ampiamente spiegato in un testo di recente pubblicazione: Inganno Bannon (CinabroEdizioni, 2019), nel quale sono presenti interventi di Maurizio Blondet, Andrea Marcigliano, Gianluca Marletta, Claudio Mutti, Raido e RigenerAzione Evola. “Inganno”, già, poiché è proprio questo che sta mettendo in atto Bannon, il dramma è che, con la eccezione di qualche tradizionalista e conservatore, nessuno se ne accorge.
Inganno Bannon, edizione de Il Cinabro
La incapacità di decifrare la strategia che costui va abilmente elaborando è ugualmente ripartita sia tra i suoi detrattori – i soliti incolti e faciloni “buonisti” – che tra i partiti dei “sovranisti” in Europa. Va da sé, che per meglio spiegare il tutto dovremmo adesso continuare con una riflessione abbastanza articolata di carattere politologico. Però, il nostro compito è essenzialmente quello di parlare del documentario The Brink – Sull’orlo dell’abisso e ciò faremo. Nondimeno, vogliamo chiarire che senza gli strumenti interpretativi di cui sopra, è impossibile dire alcunché che abbia un minimo di sostanza su Bannon. Per nostra fortuna, peccando forse di presunzione, essendo anche degli americanisti, come pure parte di un certo milieu culturale conservatore, potremo qui tentare di spiegare, cercando naturalmente di non ignorare il ragionamento filmico, al lettore cosa si ci sia veramente dietro Bannon. Peraltro, la cosa più importante è che la netta e severa critica che proporremo di questo personaggio, come sempre speditoci da Oltreoceano, ha valore proprio perché non viene dai “nemici” di Bannon, bensì da uno studioso che in teoria dovrebbe essere un suo simpatizzante ma che, per converso, con lui non vuole, e non siamo i soli, avere nulla a che spartire, avendo ben chiari i suoi propositi.
Il documentario su Bannon
Tornando all’opera della Klayman, che si presenta quale il classico esempio di documentario americano: formalmente ineccepibile, sensazionalistico e dinamico, a partire dalla colonna sonora, e intellettualmente approssimativo, sin dalle primissime inquadrature Bannon viene mostrato come il solito “venditore” americano. In ciò non possiamo che convenire col taglio dato dalla regista al suo film… costui è qui per venderci il sovranismo, come se fosse una semplice polizza assicurativa e, ci teniamo a ripeterlo, chi scrive non è affatto legato ad ambienti terzomondisti o altro, anzi, se possibile li combatte. Ciò malgrado, la correttezza intellettuale ci impone di esprimere la nostra opinione in modo “ingenuo”, nel senso della sua onestà; come del resto è innegabile che Bannon sia un personaggio dalla grande simpatia, e con raffinate doti di analisi politica. In questo non sappiamo se la Klayman abbia raggiunto il suo scopo, essendosi ella apertamente dichiarata ostile a Trump e al suo vecchio ideologo. Infatti, se di Bannon si può giustamente non condividerne le posizioni, sarebbe assai ingiusto non riconoscergli delle indiscutibili capacità relazionali, e queste, ci rincresce per la giovane cineasta americana, escono tutte fuori nel documentario. Parimenti risultano assai chiare nella narrazione della storia quelle che sono le idee, o almeno quelle che lui vuole far trapelare, di Bannon, il quale indica senza mezzi termini quelli che considera i nemici dell’Occidente: Cina, Russia, Turchia e Iran. Per quanto ci riguarda, siamo in totale disaccordo su questo, ma trattasi di una opinione personale, quindi conta relativamente. Un aspetto che ci teniamo comunque a sottolineare sulla diegesi di questa opera è che quando i fatti narrati si spostano in Europa, si percepisce un clima politico diverso, meno artificioso e dall’essenza “grave”, per dirla con Benedetto Croce. Il tutto per dire, che la politica americana è una grande menzogna o “inganno” – riprendendo il titolo del libro sopracitato – in una Nazione con un livello culturale medio quasi aberrante; ragion per cui, i concetti proposti durante le varie campagne elettorali dai politici statunitensi risultano per un europeo di una dozzinalità irricevibile.
L’Alt-Right americana
Spostandoci adesso brevemente verso un più alto punto di osservazione americanistico, Bannon si inserisce – certo declinata in chiave contemporanea – nella tradizione del conservatorismo statunitense, lo stesso di quel grande scrittore e intellettuale che fu Howard Phillips Lovecraft (1890 – 1937). In ciò, è d’uopo stigmatizzare una sostanziale lacuna in The Brink. Ossia, che in questo documentario non vi è nessun accenno alla cosiddetta Alt-right (abbreviazione di “Alternative Right”) americana, la quale andrebbe effettivamente considerata la vera Destra negli USA. Tuttavia, la Alt-right si distingue per l’essere più un fenomeno intellettuale che politico, e ruota intorno alla figura di Greg Johnson e della Counter-Currents Publishing, da lui stesso fondata nel 2010. Questa Casa Editrice è specializzata nella traduzione in inglese e nella diffusione in America dei classici del Pensiero Tradizionale, delle opere di René Guénon e Julius Evola, quest’ultimo che si crede erroneamente essere alla base delle idee di Bannon, ma non è così. Infatti, egli non fa mistero di avere come modello di riferimento Abraham Lincoln (1809 – 1865), che, a differenza di quanti molti pensano in Italia, era un repubblicano e non un democratico, a dimostrazione di come sia superficiale e manipolato il discorso sugli Stati Uniti da noi, vedesi il comportamento di gran parte dei media durante le ultime elezioni presidenziali.
In conclusione, questa specie di Gordon Gekko della politica inviatoci direttamente da Washington, nel suo essere suadentemente arrogante e dotato di una intelligenza pronta e vivace, viene raccontato in modo corretto e fedele nel documentario della Klayman, che è alla fine un valido strumento per comprendere la precisa natura della “missione” di Bannon in Europa. In altre parole, se taluni rampanti leader che al momento vanno per la maggiore nel Vecchio Continente sono così sprovveduti da non rendersi conto che egli non è affatto venuto qui solo per dare “consigli”, bensì per fare subdolamente gli interessi del proprio Governo, questa sarebbe una ulteriore conferma che i politici dovrebbero spendere meno tempo su Twitter o in televisione e molto di più sui libri; del resto, e a differenza di costoro, Bannon è uno che legge parecchio. Sia come sia, il nostro dovere riteniamo di averlo compiuto, avendo tentato di spiegare la insidiosa trappola che si nasconde dietro a The Movement.
*Tags | anno: 2019, Nazionalità: USA, Durata: 90′, Genere: documentario, Regia: Alison Klayman, Distribuzione: Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema, Uscita: 29 aprile 2019