CONTINUA IL MIRACOLO DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA
Catello Masullo
La Festa del Cinema di Roma per la passata edizione aveva rivoluzionato le posizioni apicali: nuovo Presidente, Gianluca Farinelli, nuovo Direttore Artistico, Paola Malanga, a soli 5 mesi prima dell’inizio della kermesse. Questa Festa, la 18esima, è quindi la prima interamente ascrivile ai nuovi vertici artistici, e continua a fare miracoli ottenendo ottimi risultati, nonostante la disponibilità di un budget nettamente inferiore rispetto agli altri festival internazionali (grazie anche alla collaudata e confermata macchina organizzativa che si poggia sui due pilastri del Direttore Generale, Francesca Via, e del Capo Ufficio Stampa, Cristiana Caimmi). Biglietti venduti in netta crescita, sia rispetto all’anno scorso che al pre-covid, selezione di qualità. Che è partita in quarta, con lo strepitoso esordio alla regia di Paola Cortellesi, C’È ANCORA DOMANI, per la assoluta padronanza del mezzo espressivo, per la direzione degli attori, per la delicatezza del tema, scottante, la violenza e la discriminazione di genere, attualissimo, per le trovate registiche. E per il tono di commedia dosato con maestria, per incidere con maggiore forza sullo spettatore su problemi così urticanti, facendo propria la lezione della migliore tradizione della commedia all’italiana, che faceva ridere e faceva pensare, senza rinunciare all’ingrediente segreto, un pizzico di cattiveria ben assestato. Notevolissima la presenza di film francesi di qualità. LA PASSION DE DODIN BOUFFANT, di Tran Anh Hung, è uno dei film più “gourmand” della storia del cinema, le scene di preparazione di cibi celestiali sono coreografate come balletti d’opera, con gesti preparati nei minimi dettagli e quelle di degustazione fanno arrivare sapori e sentori attraverso lo schermo come per pressione osmotica. Monumentali le interpretazioni di Juliette Binoche e Benoît Magimel. SECOND TOUR, di Albert Dupontel, commedia brillante, che fa ridere, e molto, fa passare ed arrivare allo spettatore temi alti e seri, come la creazione (dal nulla o quasi, vedi Macron?) di leader politici da telecomandare da parte di enormi poteri economici, come l’ambiente, le migrazioni climatiche, i cambiamenti climatici. Ritmo fantastico, battute fulminanti, interpretazioni di livello, confezione godibile. ET LA FETE CONTINUE, di Robert Guédiguian, c’è poesia, c’è sentimento, c’è vita vera in ogni sua storia. WIDOW CLICQUOT, di Thomas Napper, di scrittura solida, di regia capace e di interpretazioni eccellenti. COMME UN FILS, di Nicolas Boukhrief, un film impeccabile, sempre credibile, di altissimo valore sociale. L’azione del professore è edificante ed esemplare, riesce a dimostrare al giovane ragazzo rom, emarginato da tutto e da tutti, perfino nella sua famiglia, che ha un posto nella società francese. Dà quindi a lui una speranza ed una reale occasione di riscatto, di integrazione e di inclusione. Anche i film italiani si sono difesi alla grande. I LIMONI D’INVERNO, di Caterina Carone, finalmente un film garbato, sussurrato, mai gridato, che ha per protagonisti persone buone, che prendono a cuore le persone e le cose. Che ne hanno cura, a cominciare da quella delle piante, per finire alla salute, propria e quella degli altri. Un gioiello di film, gradevole, toccante, coinvolgente. CENTO DOMENICHE, di Antonio Albanese, coraggioso, necessario, su un argomento di scottante attualità e dall’impatto sociale devastante su vasti strati di popolazione, i milioni di persone che tirano avanti la carretta del nostro paese, che si fidano delle loro banche e che firmano in buona fede quello che gli sottopongono. UN GIORNO ALLA VOLTA, opera prima di Nicola Conversa, il tema della malattia invalidante, fino alla (auto)discriminazione, in uno con il tema della inclusione guidata dall’amore, conferiscono fortissima valenza sociale al film. La gravità e delicatezza della vicenda è trattata con tocco lieve, e produce anche il miracolo di non contraddire il delizioso tono da commedia della prima parte, riuscendo a donare un sorriso (diverso), pur nel mutato mood della storia, che tocca nel profondo le corde dell’anima. Meritato il Premio Sorriso Diverso come miglior film italiano, la cui Giuria mi onoro di presiedere. Stesso premio “ex aequo” a QUATTRO QUINTI, di Stefano Urbanetti, che ha il grandissimo pregio di far conoscere a tutti una realtà, dai più ignorata, e di denunciare il fatto che tutti i film distribuiti in Italia, per obbligo di legge si devono dotare dei sistemi di accessibilità a tutti (descrizioni audio per non vedenti e sottotitoli per non udenti), ma di fatto, questi sistemi non arrivano alla sala. Un assurdo. Premio Sorriso Diverso per Miglior film straniero a TEHACHAPI, di J.R., un esempio fulgido di integrazione, che arriva perfino a realizzare il miracolo di un medico di religione ebraico che si presta a cancellare il tatuaggio di una svastica nazista dal volto di un ex detenuto. Grande ritorno di Ferzan Ozpetek, con NUOVO OLIMPO, che sa toccare le corde dell’anima, e sa raccontare le emozioni ed i sentimenti come pochi. THE PERFORMANCE, di Shira Piven, spettacolare, intenso, mai banale con eccellenti interpretazioni. JULES, di Marc Turtletaub, un piccolo gioiello di grazia, di gradevolezza, di gentilezza, di ironia, di garbo. Una sorta di fiaba dei buoni sentimenti, di accoglienza del diverso senza pregiudizi e senza timori infondati, anche se proviene da una lontana galassia e non parla la nostra lingua. Un capolavoro di recitazione, tutta in sottrazione, impareggiabilmente ironica, di Ben Kingley, meritato il Premio Miglior Commedia – Premio “Ugo Tognazzi” alla Festa di Roma. LA MEMORIA INFINITA, di Maite Alberdi, un’opera fatta di sguardi di infinita dolcezza e di amore profondo, ma anche di una irrefrenabile gioia di vivere. Illumina la pellicola ad ogni fotogramma un sorriso bellissimo, accogliente e coinvolgente, quello della protagonista Paulina Urrutia, attrice, già ministro della cultura del governo Bachelet. THE MONK AND THE GUN, di Pawo Choyning Dorji, una vera sorpresa questo film che viene da un paese molto lontano, il Bhutan, non solo geograficamente, ma, soprattutto, dal nostro modo di vivere. Usando la chiave dell’ironia e del sarcasmo, il film è costruito facendo propria la lezione del grande Sir Alfred Hitchcock, tenendo in sospeso lo spettatore per tutta la durata, fino allo spiazzante e delizioso colpo di scena finale. IL RAGAZZO E L’AIRONE, di Hayao Miyazaki, un capolavoro assoluto. E non solo del cinema di animazione, lo è del cinema, punto. Una storia fantastica, con una scrittura d’acciaio, universi visionari che ti lasciano senza fiato, ti catturano e ti avvolgono in un paradiso dei sensi. Grande colpo della Festa di Roma ad essersi assicurata questo gioiello del cinema mondiale. SHUKRAN, Esordio alla regia di Pietro Malegori, che fa subito centro. Con la potenza della storia vera ci racconta di un cardiochirurgo siriano che nel 2015, in piena guerra civile, spende tutte le sue energie nell’unico ospedale pediatrico ancora aperto nel suo paese e che, per mantenere un proposito del suo carissimo fratello, appena ucciso da un attentato terroristico, si avventura nelle parti più pericolose della Siria per andare a salvare la vita ad un bambino ammalato, nonostante sia il figlio del terrorista che ha trucidato suo fratello, e nonostante sappia che, se quel bambino sarà salvato, avrà, a sua volta, un futuro da terrorista. Il giuramento di Ippocrate che vince su tutto. Una storia esemplare, di altissima umanità. THE PERSIAN VERSION, di Maryam Keshavarz, un’opera fresca, un po’ fuori dagli schemi, riuscita, con molte scene da antologia, come le coreografie danzanti, all’arrivo in Iran di musiche occidentali vietatissime, come quelle di Cyndi Lauper, oppure il tifo da stadio nella sala parto. Non sono mancati, infine, i grandi documentari. IO, NOI E GABER, di Riccardo Milani, un mirabile ritratto di Giorgio Gaber, completo, dell’uomo, dell’artista, e del pensatore/filosofo che tanto ha influenzato il pensiero di più di una generazione di italiani, ai quali sono arrivati i suoi stimolanti spunti di riflessione, spesso scomodi e urticanti. ROMA, SANTA E DANNATA, di Daniele Ciprì, Roma secondo Roberto D’Agostino, con la complicità di Marco Giusti ed alcuni testimoni d’eccezione. Un film frizzante, divertente, a tratti irresistibile, come lo è il grande “Dago”. Un film coltissimo, dove si impara moltissimo. Imprescindibile, per capire perché Roma è eterna, inintelligibile, inconquistabile (tutti quelli che vengono da fuori vengono in breve tempo “romanizzati”), immutabile, fascinosa ed avvolgente. IL RITORNO DI MACISTE, di Maurizio Sciarra, si imparano più cose nei 79 minuti di questo documentario che in un intero corso di cinema. Un documento di basilare importanza. Anche questo anno i volontari del Cinecircolo Romano hanno estratto dalla Festa del Cinema di Roma due perle per il programma 2023-2024: I LIMONI D’INVERNO, di Caterina Carone, e CENTO DOMENICHE, di Antonio Albanese.