TORI E LOKITA: UN FILM CRUDO E ANGOSCIANTE DEI FRATELLI DARDENNE. IL DRAMMA DEI MINORI IMMIGRATI NON ACCOMPAGNATI IN UNA CIVILE CITTÀ DELLA CIVILISSIMA EUROPA. di Francesco Sirleto

TORI E LOKITA: UN FILM CRUDO E ANGOSCIANTE DEI FRATELLI DARDENNE. IL DRAMMA DEI MINORI IMMIGRATI NON ACCOMPAGNATI IN UNA CIVILE CITTÀ DELLA CIVILISSIMA EUROPA. di Francesco Sirleto
Un film, questo dei due  fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, per il quale si richiedono, allo spettatore europeo, particolari doti di coraggio e un approfondito e severo esame di coscienza. Presentato al Festival di Cannes 2022, non mi risulta abbia avuto una grande diffusione nelle sale seguita da un ampio successo di pubblico.
E il motivo è facilmente comprensibile: la storia, o per meglio dire l’odissea, dei due ragazzi africani (la quindicenne Lokita e il decenne Tori) fuggiti dal loro paese sub-sahariano, giunti in una civile città belga dopo un viaggio avventuroso e pericoloso (segnato dalla detenzione in un lager libico, dall’attraversamento del Mediterraneo a bordo di un barcone naufragato in vicinanza della costa siciliana, dal difficile soggiorno in un centro d’accoglienza italiano e poi dal viaggio clandestino fino al Belgio), è una storia comune a moltissimi minori immigrati non accompagnati e “assistiti” (si fa per dire) da servizi sociali approssimativi e privi di mezzi adeguati e idonei ad un’effettiva e reale accoglienza e protezione per questi sfortunati bambini e adolescenti. Le conseguenze si possono facilmente immaginare, sebbene si preferiscano, il più delle volte, ignorare: il vuoto e/o l’eccesso di burocrazia statale, la confusione e la mancanza di volontà da parte delle Istituzioni pubbliche vengono sostituiti dalla criminalità più o meno organizzata, che sfrutta questi ragazzi avviandoli con la violenza sulle strade dello spaccio e della prostituzione. E, spesso, il finale di queste tristi storie di infanzia abbandonata e sfruttata è rappresentato dalla “sparizione” di questi giovanissimi, sparizioni sulle quali in poche occasioni saranno avviate indagini.
Ebbene, i fratelli Dardenne (già noti per le loro precedenti opere, caratterizzate da uno stile e da contenuti di oggettiva crudezza e desolante realismo), con “Tori e Lokita”, ci narrano una di queste amare e ai più ignote vicende, impiegando un linguaggio privo totalmente di retorica, con dialoghi ridotti all’essenziale, con immagini che, senza trucchi e sotterfugi, posseggono un’eloquenza straziante e dolorosa. Un film che rappresenta un atto d’accusa rivolta ad un’Europa che, dopo aver dimenticato le sue innumerevoli e tremende colpe storiche nei confronti del continente africano, ha ridotto il dramma dell’immigrazione ad un problema di ordine e sicurezza pubblici e, contemporaneamente, lasciando ad altri (caporali, criminali, imprenditori senza scrupoli, finte cooperative che gestiscono fondi pubblici destinati all’accoglienza) ad occuparsi di un fenomeno che, nei prossimi anni, è destinato a raggiungere dimensioni sempre più estese. Film come “Tori e Lokita” (visionato, con colpevole ritardo, solo ieri sera al Cinema Caravaggio), insieme ad altri come “Io capitano” di Matteo Garrone, sono indispensabili per tutti coloro che, nella civilissima Europa, non vogliono chiudere gli occhi e neanche la mente di fronte alla quantità di barbarie che si nasconde e prospera negli interstizi e negli anditi oscuri delle nostre città ammalate di “benessere”.