C’È ANCORA DOMANI recensione di Catello Masullo
(credits e sinossi da CINEMATOGRAFO.IT)
C’È ANCORA DOMANI recensione di Catello Masullo
(Sinossi e credits da cinematografo.it)
C’È ANCORA DOMANI
ITALIA 2023
Sinossi: Delia è la moglie di Ivano, la madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni ’40 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle. Ivano è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino, un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa, con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza. È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella, che, dal canto suo, spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio, e liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante. Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.
Regia: Paola Cortellesi
Attori: Paola Cortellesi – Delia, Valerio Mastandrea – Ivano, Romana Maggiora Vergano – Marcella, Emanuela Fanelli – Marisa, Giorgio Colangeli – Sor Ottorino, Francesco Centorame – Giulio, Vinicio Marchioni
Sceneggiatura: Paola Cortellesi, Furio Andreotti, Giulia Calenda
Fotografia: Davide Leone
Montaggio: Valentina Mariani
Colore: C
Genere: COMMEDIA DRAMMATICO
Produzione: MARIO GIANANI, LORENZO GANGAROSSA PER WILDSIDE, VISION DISTRIBUTION
Distribuzione: VISION DISTRIBUTION
Data uscita: 2023-10-26
Recensione di Catello Masullo: Opera di esordio alla regia fulminante questa di Paola Cortellesi, attrice di grandissimo spessore che aveva spesso collaborato alle sceneggiature dei film che ha interpretato. C’era pertanto attesa per questo passaggio dietro la macchina da presa. In un anno in cui molti attori famosi hanno maturato la stessa decisione (Margherita Buy, Micaela Ramazzotti, Michele Riondino, Claudio Bisio, solo per citarne alcuni) la Cortellesi è di una buona spanna più su di tutti gli altri. Praticamente su tutto. Per la assoluta padronanza del mezzo espressivo, per la direzione degli attori (a partire dal pezzo pregiato: sé stessa), per la delicatezza del tema, scottante, la violenza e la discriminazione di genere, attualissimo, per le trovate registiche (la scena di esergo iniziale, della sberla di buon giorno, è da antologia, e il rallenti appena accennato sui titoli di testa davvero pregevole, lo scambio di sguardi, senza parole tra la Cortellesi e Vinicio Marchioni delizioso, ecc.). E dal tono di commedia dosato con maestria, per incidere con maggiore forza nello spettatore su problemi così urticanti, facendo propria la lezione della migliore tradizione della commedia all’italiana, che faceva ridere e faceva pensare, senza rinunciare all’ingrediente segreto, un pizzico di cattiveria ben assestato. Davvero magistrali le scene di violenza più crude, raccontate, proposte e stemperate, ma senza narcotizzarle, con lo stile del musical, semplicemente geniale. Formidabile l’inganno dello spettatore per tutta la seconda parte, con una costruzione sul filo del thriller, fino al riuscito colpo di scena finale. Siamo nel 1946, l’inizio del trentennio che ha portato una rivoluzione copernicana nella nostra legislatura con poderosi passi in avanti verso la parità. Troppo tardi (grazie al ventennio) e troppo in fretta, rispetto ai tremila anni di educazione dei maschi ad essere i dominatori indiscussi. Non ci di deve meravigliare, pertanto, che, per reazione, la violenza di genere è l’unico reato contro la persona che, in controtendenza rispetto agli altri, è tuttora stabile o in (leggero) aumento. La strada per la parità e per il rispetto è ancora lunga. Ma la Cortellesi un altro passetto avanti ce lo ha fatto fare. Complimenti. Imperdibile.
Curiosità, ho chiesto alla regista: “Paola, si dice che un attore che passa dietro la macchina da presa e dirige sé stesso per la prima volta possa provare una qualche difficoltà. Nel tuo caso che effetto ti ha fatto? Dalla platea l’impressione è che utilizzando te stessa come strumento espressivo recitativo, che non è una scoperta essere lo Stradivari del cinema, tu sia riuscita a fa risuonare dei colori e delle corde che gli altri registi che ti hanno diretta non avevano utilizzato e/o scoperto, soprattutto negli sguardi e più in generale nel linguaggio del corpo. E se ci dici qualcosa sulla scelta di alcune raffinatezze stilistiche come quando Valerio Mastandrea lascia la presa della tua gola ed il livido scompare come per magia, si tratta forse della realtà immaginaria che vorresti sostituire alla crudeltà di quella reale?”. La risposta della Cortellesi: “grazie per le domande ed i complimenti e per lo Stradivari, che mi mancava… Andavo dal monitor alla recitazione come una pazza. Ho messo sul piano della preparazione 3 settimane di prove teatrali. Che spesso non si fanno. Vengono fuori cose buone sul set, ma occorre rispettare il programma e le mille variabili. Decidere bene cosa fare. È servito a me per la direzione, è servito anche a loro per tirar fuori i loro dubbi e dare a me i loro suggerimenti preziosi che hanno migliorato la sceneggiatura. Tutto questo è deciso prima, come a teatro. In preparazione. E messe a copione e aggiornate. Con tutti gli attori. Il livido della gola era una delle cose che avevo pensato. Ho provato a metterla su carta. Ma non poteva mai rendere. Immaginavo. Il film è molto realistico. Ma non volevo rendere realistica la violenza. Un momento importante, serio e delicato da trattare senza essere accusato di voyeurismo. Non volevo vedere le ossa rotte. Mi piaceva raccontare come un rituale che accade spesso. Lei si racconta in questo modo. i lividi appaiono e scompaiono. La realtà c’è, ma lei se la lascia dietro. Come niente fosse, che è la cosa più violenta che si possa mettere in scena.
Valutazione Sintetica: 9