Marco Bellocchio ricorda l’amico Roberto Herlitzka con uno scritto che pubblica sulla sua pagina Instagram
Marco Bellocchio ricorda l’amico Roberto Herlitzka con uno scritto che pubblica sulla sua pagina Instagram. Stamane l’ultimo saluto a Roma, nella Chiesa di San Saturnino
Ricordo di R. Herlitzka. Un aneddoto
«Ricordare in poche righe un grande come Roberto è impossibile.
Sforzarsi poi di trovare dei superlativi che nessuno ha mai usato → una ginnastica mentale priva di senso.
Vorrei invece partire dal minimo, da un aneddoto che Roberto ci raccontò a Udine durante la lavorazione di Bella Addormentata. In una cena. Erano anche presenti Isabelle Huppert e Simone Gattoni.
Piccolo Teatro di Milano.
Un’audizione per essere ammessi alla scuola appunto del Piccolo.
Il giovanissimo Roberto Herlitzka sul palcoscenico, in platea il grande Giorgio Strehler, circondato da tanti assistenti. Roberto porta come prova il Cantico della Madonna di Jacopone da Todi (“…Figlio, amoroso giglio, ecc ecc”).
Roberto finisce di recitare. Aspetta. Sicuramente il primo assistente gli avrà detto: Può andarsene, o, Può accomodarsi…
E proprio andandosene Roberto sentì il commento del grandissimo maestro a voce normale, rivolto alla sua “corte” (in teatro l’acustica è perfetta):
– Certo che il Cantico dei Cantici è sempre bello, anche fatto così.
Anche il grande Strehler poteva sbagliarsi, prendere un abbaglio.
E questo sbagliarsi, non capire, non riconoscere la potenziale grandezza, ma anche la sofferenza, la follia è un tema a cui penso spesso in questi ultimi anni (ritorna anche nella tragedia di Enzo Tortora e anch’io personalmente non avevo capito, sentito la disperazione di mio fratello), ma non per allargarci in un abbraccio di compatimento universale e di perdono (l’uomo è fallace, tutti ci possiamo sbagliare, siamo tutti peccatori, tutti potremmo in certe circostanze, ecc ecc) ma al contrario per rifiutare l’insensibilità, la cecità, cercando di capire perché in una determinata circostanza non si è capito.
Roberto intanto era salito molto in alto (quel commento non lo ha scoraggiato, anche se dopo tanti anni se lo ricordava ancora), ha dimostrato la sua grandezza innumerevoli volte, portando l’arte del recitare a quella assoluta essenzialità per cui guardandolo, ascoltandolo si poteva esclamare: non recita più, è sparito l’attore, è solo il personaggio che parla normalmente. Più nessuna enfasi, tecnica, maniera, nessun commento del tipo: avanti, avanti, aggiustiamo al montaggio…
Era un attore vivissimo fino alla fine della sua vita, non si è mai ritirato nel suo glorioso passato… Per questo doppiamente addolora la sua perdita. Lo si dice di solito per la morte di un giovane, io lo dico per il vecchio caro amico Roberto».