Anywhere anytime, RECENSIONE DI CATELLO MASULLO

Foto di Catello Masullo (1 settembre 2024) da sx: moderatrice Chiara Moroni, il regista Milad Tangshir

Anywhere anytime, RECENSIONE DI CATELLO MASULLO

CANDIDATO alla: XIV edizione Social Criticism Collateral Award “Sorriso Diverso Venezia Award”, 2024

 

Credits a sinossi da cinematografo.it

 

Anywhere anytime

ITALIA 2024

Issa, immigrato irregolare di 18 anni, dopo aver perso il suo lavoro trova impiego come rider. Il furto della sua bicicletta scatena però una serie di drammatici eventi.

SCHEDA FILM

Regia: Milad Tangshir

Attori: Ibrahima SambouMoussa Dicko DiangoSuccess Edemakhiota

Sceneggiatura: Milad TangshirDaniele GaglianoneGiaime Alonge

Fotografia: Giuseppe Maio

Montaggio: Enrico Giovannone

Scenografia: Leonie Heys Cerchio

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: VIVO FILM, YOUNG FILMS, RAI CINEMA

Distribuzione: FANDANGO

NOTE

– IN CONCORSO ALLA 39. SIC – SETTIMANA INTERNAZIONALE DELLA CRITICA ALL’81. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA (2024).

 

RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: Si potrebbe sottotitolare “Ladri di biciclette in salsa di Couscous”. Serve una spiegazione. “Ladri di biciclette” è un chiarissimo riferimento, dato che lo strumento di lavoro essenziale per il protagonista, che fa il rider, la bicicletta, gli viene rubata e poi, disperato lui ne ruba una ad un suo collega rider. “Couscous” perché, come nel film di Abdellatif Kechiche, il derubato corre per un tempo infinito dietro al ladro per cercare di recuperare il suo velocipede, nuocendo in modo esiziale sul ritmo del film e sull’interesse dello spettatore, che crolla mano a mano che la corsa trafelata continua senza tregua (unica differenza, in quel film era un ciclomotore, in omaggio alla realtà temporale dei film). Si capisce che non ho riscontrato importanti elementi di novità, almeno per quanto riguarda gli spunti. Il focus è certamente la condizione inumana in cui sono costretti gli “ultimi”. Che siano italiani messi ai margini della società, oppure immigrati, più o meno clandestini, che trovano questo lavoro perché è l’unico che si può fare in modo anonimo. Non serve carta di identità, non serve permesso di soggiorno, non serve nemmeno di sapere la lingua del paese dove si opera. Il rider è trasparente, senza identità. Nessuno guarda in faccia un rider. Nessuno è minimamente interessato alle storie che sono dietro ciascuno dei portatori di vivande che ci servono. Il film vuole accendere i riflettori su questa realtà. E lo fa con l’aiuto di un protagonista che si porta sulle spalle tutto il film, non avendone mai fatto uno. Conosciuto dal regista durante le sue indagini sul mondo dell’accoglienza e dei rider in particolare. Un viso ed una fisicità che non si dimentica.

Curiosità: ho chiesto al regista: “Issa si rende conto che ha causato un grave incidente al padrone della bici gialla, che infatti getta nel fiume per nascondere la prova del reato. Ma poi vede che arrestano il suo amico e benefattore Mario, rintracciato tramite il suo cellulare e viene incolpato al suo posto. Issa, che ha un profilo di integrità, è sorprendente che non si vada a costituire per scagionarlo, dato che doveva molto alla generosità di Mario.”. Questa la risposta di Milad Tangshir: “è giusto quello che dici. Ma questa cosa orribile che fa lo rende più umano. Lui fa un errore, ma le conseguenze sono enormi. Quello che fa, lo rende un essere umano come tutti gli altri”.

 

 

VALUTAZIONE SINTETICA: 6.5