L’orto americano, RECENSIONE DI CATELLO MASULLO

L’orto americano, RECENSIONE DI CATELLO MASULLO

Credits a sinossi da https://www.labiennale.org/it/cinema/2024/fuori-concorso/l%E2%80%99orto-americano

L’orto americano

Fuori Concorso

 

Regia: Pupi Avati
Produzione: DueA Film (Antonio Avati), Minerva Pictures (Santo Versace, Gianluca Curti), Rai Cinema
Durata: 107’
Lingua: Italiano, inglese
Paesi: Italia
Interpreti: Filippo Scotti, Rita Tushingham, Mildred Gustaffsson, Roberto De Francesco, Chiara Caselli, Armando De Ceccon, Morena Gentile, Romano Reggiani, Nicola Nocella, Massimo Bonetti
Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati
Fotografia: Cesare Bastelli
Montaggio: Ivan Zuccon
Scenografia: Biagio Fersini
Costumi: Beatrice Giannini
Musica: Stefano Arnaldi
Suono: Fono Roma Movies & Sound, Pompeo Iaquone
Effetti visivi: Blackstone Studio, Fabio Tomassetti, Daniele Tomassetti

SINOSSI

L’orto americano narra la storia di un giovane psicopatico con aspirazioni letterarie che si trova a innamorarsi fulmineamente di una giovane infermiera dell’esercito americano. Siamo a Bologna a ridosso della liberazione e a questo giovane problematico è sufficiente l’incontro di sguardi con la bellissima soldatessa per far sì che lui la consideri la donna della sua vita. Casualmente, un anno dopo, nel Midwest americano andrà ad abitare in una casa contigua (in realtà separata da un nefasto orto) alla casa della sua bella. In questa casa vive l’anziana madre disperata per la scomparsa della figlia che dalla conclusione del conflitto, dopo aver scritto a casa che si sarebbe sposata con un italiano, non ha più dato notizie di sé. Inizia così da parte del ragazzo una tesissima ricerca che gli farà vivere una situazione di altissima drammaticità, fino a una conclusione, in Italia, del tutto inattesa.

COMMENTO DEL REGISTA

Nell’attuale proposta di ritorno al “gotico”, con L’orto americano abbiamo dilatato i confini ambientando una porzione iniziale del racconto nel Midwest americano e la parte successiva in quella sorta di Midwest italiano che è il grande delta del Po. Per la prima volta nella nostra filmografia portiamo in scena il dopoguerra italiano. Quella stagione nella storia del nostro Paese vissuta a ridosso del concludersi della Seconda guerra mondiale, ancora intrisa dall’orrendo effluvio della paura e della fame in uno scenario di assoluta devastazione. È in questa Italia, nel recupero dei cadaveri dei tanti giovani militari, di uno o dell’altro fronte, nel tentativo di restituire un’affrettata legalità al contesto sociale, che si muove il nostro protagonista alla ricerca disperata di un amore totalmente idealizzato. Sarà il mostrare proprio questa Italia ridotta in macerie, nella comparazione con la “rassicurante” America, a tratteggiare simbolicamente il disagio mentale che accompagna l’io narrante della nostra storia. Sarà nella ricostruzione di un processo penale di quel tempo, avente come imputato un reo di delitti indicibili, a riportarci a una stagione della vita sociale in cui la necessità di un esplicito ritorno alla normalità fece sì che si affrettassero giudizi e sentenze, in una condizione di necessaria impellenza.

Produzione/Distribuzione

PRODUZIONE 1: Antonio Avati – DUEA FILM SPA
Piazza Cola di Rienzo
00192 Roma, Italia
Tel. 39 063214851
dueafilm@dueafilmspa.it

PRODUZIONE 2: GIANLUCA CURTI, SANTO VERSACE – MINERVA PICTURES
Via Marcella 4/6
00153 Roma, Italia
Tel. 39 06 84242430
gcurti@minervapictures.com
segreteria@minervapictures.com

PRODUZIONE 3: PAOLO DEL BROCCO – RAI CINEMA
Piazza Adriana 12
00193 Roma, Italia
Tel. 39 06 33179601
paolo.delbrocco@raicinema.it

DISTRIBUZIONE INTERNAZIONALE: MONICA CIARLI – MINERVA PICTURES
Via Marcella 4/6
00153 Roma, Italia
Tel. 39 06 8424 2430
monica@minervapictures.com

DISTRIBUZIONE ITALIA: Luigi Lonigro – 01 Distribution
Piazza Adriana, 12
00193 Roma, Italia
Tel. 39 0633179601
luigi.lonigro@raicinema.it

UFFICIO STAMPA ITALIA: PUNTOeVIRGOLA – Flavia Schiavi e Olivia Alighiero
Via Natale del Grande 40
00153 Roma, Italia
Tel. +39 0645763506
info@studiopuntoevirgola.com

 

 

RECENSIONE DI CATELLO MASULLO: “L’Orto Americano” è presentato come un film “gotico”. Genere cui Pupi Avati è affezionato, e che rivisita volentieri di tanto in tanto (è il più grande affabulatore che mi è capitato di incontrare e sono rimasto affascinato, a bocca aperta, almeno una decina di  volte a sentirgli raccontare la genesi autobiografica di tale passione, che risiede nelle sue esperienze proustiane dell’infanzia contadina, quando la sera, attorno al fuoco, gli adulti raccontavano ai bambini storie spaventose, una antica usanza che era un metodo eccellente per esorcizzare la naturale paura del buio e delle storie horror che provano i bambini, un modo per crescere sani). In effetti questo film non è solamente gotico, ma è un ibrido di vari generi, il crime, il noir, il thriller, l’horror, il court room movie, l’esoterico, la commedia sentimentale, il letterario. Un film in puro “Avati’s touch”, girato in un inquietante bianco e nero, commentato da musiche adeguate alla bisogna, con confezione superlativa (una menzione speciale va al mago degli effetti speciali materici, del cinema classico di una volta, Sergio Stivaletti, che aveva già collaborato nel 2019 con Avati per “Il Signor Diavolo”, per la costruzione dell’organo pulsante in formalina…). Girato nel mid west americano, che è l’equivalente dell’Emilia, con la sola differenza che i contadini di quel posto parlano americano, ma la mentalità è la stessa. Nella casa di proprietà degli Avati Brothers, che era stata del mitico trombettista Jazz, Bix, e dove hanno girato ben 6 film della loro lunga carriera. È un film di alta qualità cinematografica, degno film di chiusura della 81esima edizione della Mostra di Venezia. Avvincente, sempre interessante, colto, affascinante. Con interpretazioni impeccabili (Pupi Avati è solito privilegiare la scelta di grandi attori che il cinema ha, inspiegabilmente, un po’ dimenticato. Come ad esempio, per la specie, Rita Tushingham, Chiara Caselli e Massimo Bonetti). Da non mancare.

Curiosità: al Lido era stato programmato un incontro di Pupi Avati con i giornalisti specializzati ed il pubblico alle 18.30 di venerdì 6 settembre. Un’ora prima della anteprima per la stampa del film. E, naturalmente, non mi sono fatto scappare la ghiotta occasione. Purtroppo, l’incontro non ha avuto inizio che alle 18.55 circa. Per raggiungere con certezza la Sala Darsena, dove era programmata tale anteprima, dovevo lasciare la sala dell’Hotel Excelsior dove si teneva l’incontro alle 19.15 circa. Con rammarico, perché le cose che dice Avati sono sempre brillantissime ed interessantissime, e starei ore ad ascoltarle. A malincuore, quindi, alla fine di una delle risposte alle sollecitazioni del moderatore, poco dopo le 19.15 mi sono alzato ed ho fatto per uscire con discrezione. Pupi Avati, che è sempre dotato di abbondante ironia e di bonaria ruvidità, rivolto a me, mi fa: “Che fai vai via? Dove vai?”. Mi sono girato e gli ho risposto la verità: “Vado a vedere l’anteprima del Tuo Film!”.  “Ah, va bene, allora vai!”, è stata la sua divertente conclusione, permettendomi di non fare tardi alla visione.

VALUTAZIONE SINTETICA: 8