Berlinguer. La grande ambizione, recensione di Catello Masullo

foto di Catello Masullo (16 ottobre 2024), da sx: la moderatrice Alessandra De Luca, lo sceneggiatore Marco Pettenello, l’attore Paolo Pierobon, il regista e sceneggiatore Andrea Segre, l’attore Elio Germano, l’attore Roberto Citran, l’attrice Elena Radonicich

Berlinguer. La grande ambizione, recensione di Catello Masullo

 

credits E SINOSSI da: cinematografo.it

 

Berlinguer. La grande ambizione

ITALIA 2024

Sinossi: Quando una via sembra a tutti impossibile, è necessario fermarsi? Non l’ha fatto Enrico Berlinguer, segretario negli anni Settanta del più importante partito comunista del mondo occidentale, con oltre un milione settecentomila iscritti e più di dodici milioni di elettori, uniti dalla grande ambizione di realizzare il socialismo nella democrazia. Sfidando i dogmi della guerra fredda e di un mondo diviso in due, Berlinguer e il PCI tentarono per cinque anni di andare al governo, aprendo a una stagione di dialogo con la Democrazia Cristiana e arrivando a un passo dal cambiare la storia. Dal 1973, quando sfuggì a Sofia a un attentato dei servizi bulgari, attraverso le campagne elettorali e i viaggi a Mosca, le copertine dei giornali di tutto il mondo e le rischiose relazioni con il potere, fino all’assassinio nel 1978 del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro: la storia di un uomo e di un popolo per cui vita e politica, privato e collettivo, erano indissolubilmente legati.

Regia: Andrea Segre

Attori: Elio Germano – Enrico Berlinguer, Paolo Pierobon – Giulio Andreotti, Roberto Citran – Aldo Moro,  Stefano Abbati – Umberto Terracini, Francesco Acquaroli – Pietro Ingrao, Paolo Calabresi – Ugo Pecchioli,  Pierluigi Corallo – Antonio Tatò, Nikolay Danchev – Leonid Brežnev, Svetoslav Dobrev – Todor Živkov, Luca Lazzareschi – Alessandro Natta, Lucio Patanè – Gianni Cervetti, Andrea Pennacchi – Luciano Barca,  Elena Radonicich – Letizia Laurenti, Fabrizia Sacchi – Nilde Iotti, Giorgio Tirabassi – Alberto Menichelli

Sceneggiatura: Andrea SegreMarco Pettenello

Durata: 122

Colore: C

Genere: BIOGRAFICO

Produzione: JOLEFILM, VIVO FILM, RAI CINEMA

Distribuzione: LUCKY RED

Data uscita: 2024-10-31

NOTE

– FILM D’APERTURA IN CONCORSO ALLA 19. FESTA DEL CINEMA DI ROMA (2024).

 

recensione di Catello Masullo: Andrea Segre, nella sua opera più ambiziosa, più meticolosamente preparata e curata, la sua migliore di sempre, racconta un pezzo della vita di Enrico Berlinguer, sostanzialmente dal 1973 al 1978, che ha cambiato la storia del nostro paese. Curiosamente, una storia mai raccontata sul grande schermo. Un terreno scivoloso, con il rischio della agiografia e della retorica sempre dietro l’angolo. Rischio magistralmente schivato. Grazie alle emozioni potentissime che ci regala un ritratto umano, denso di umanesimo, dell’uomo, del figlio, del marito, del padre, inscindibile dal militante politico. Significativa la citazione da Antonio Gramsci, posta ad esergo iniziale e dalla quale deriva il sottotitolo: “Di solito si vede la lotta delle piccole ambizioni, legate a singoli fini privati, contro la grande ambizione, che è invece indissolubile dal bene collettivo”. Bellissima la lezione di politica e di vita che fa ai figli durante un picnic: il comunismo in Italia è l’affermazione di tutte le libertà dell’individuo, tutte tranne quella dello sfruttamento di un altro essere umano, che quelle libertà tutte mette in discussione. La altissima qualità cinematografica è dovuta (anche) alla straordinaria ricerca storica, all’uso magistrale delle immagini di repertorio, ad una confezione impeccabile e, soprattutto ad una insuperabile direzione di splendidi attori. Tutti. Ma, su tutti, l’interpretazione monumentale di Elio Germano, che supera ad un ogni film il suo capolavoro precedente. Che ci regala con una prossemica di altissima scuola di recitazione, un Berlinguer timido, che si sente inadeguato all’enormità del ruolo che si trova a giocare, che sente tutto il peso, quasi insostenibile, della responsabilità che gli grava sulle spalle, che ne risultano incurvate. Ne emerge tutta la sofferenza, la passione cristica, con un percorso quasi di immolazione per una causa superiore. Magnifico, inaggettivavile.

Curiosità: ho chiesto a regista e ad attore protagonista: “Andrea, come hai lavorato sul materiale di repertorio? Gli inserimenti sono piuttosto fluidi. La scelta di “Eppure Soffia”, di Pierangelo Bertoli, e delle relative immagini di repertorio? E per Elio, il processo di immedesimazione passa soprattutto dalla postura e dal linguaggio del corpo?”. La risposta di Andrea Segre: “la scelta di usare il repertorio è fin dall‘inizio, rischiare di perdere il flusso della messa in scena della verità e della finzione. Ho sempre pensato che fosse molto potente. Il lavoro enorme è stato degli archivisti e Jacopo Quadri con un lavoro di montaggio meticolosissimo. Anche grazie alla presenza dei produttori che non hanno mai mollato. Si giocava la tenuta ed un pezzo di sfida artistica. Il film che ci ha guidato è Milk, di Gus van Sant. Lì il repertorio è didascalico e poetico e subliminale, come il passaggio che hai citato sulla canzone di Bertoli”. E quella di Elio Germano: “in questo caso da subito siamo partiti se caratterizzare potenzialmente troppo o restituire qualche dettaglio. L’approccio è stato di approfondire le questioni di cui erano portatori tutti quegli intellettuali che sedevano nei direttivi dei comitati. Atteggiamento di profondo rispetto. Indagini da storici. Attenzione a non forzare. Credo molto nel linguaggio e nella comunicazione inconsapevole dei nostri corpi. La sua prossemica raccontava un senso di inadeguatezza, di fatica, di peso della responsabilità. Una mancanza di attenzione verso la cura dell’aspetto fisico, ad esempio i capelli. Nella misura in cui il suo corpo raccontava qualcosa, il suo corpo è stato di ispirazione. Mi sembrava che raccontasse molto”.

   

Valutazione sintetica: 8