Cerimonia di Apertura del MedFilm Festival: La 30^ Edizione si Illumina di Cinema e Cultura
A cura di Serena Verdone
La cerimonia di apertura del MedFilm Festival, tenutasi giovedì 7 novembre presso il Maxxi di Roma, ha dato il via alla trentesima edizione di questo evento, diventato nel tempo un faro per il cinema del Mediterraneo. La serata si è svolta con interventi di registi e attori da tutta la regione mediterranea.
Il protagonista di questa serata è Matteo Garrone, uno dei registi italiani più apprezzati a livello internazionale, Garrone cui è stato consegnato il Premio Koinè – un riconoscimento speciale conferito a figure che si sono distinte per il loro contributo al dialogo interculturale attraverso il cinema – per il suo film Io Capitano presentato e premiato alla Mostra del Cinema di Venezia
Garrone ha offerto il suo contributo al dibattito sul ruolo del cinema come strumento di incontro tra culture e come veicolo per raccontare storie complesse e universali, incarnando perfettamente i valori promossi dal MedFilm Festival: un ponte tra le sponde del Mediterraneo che unisce identità e tradizioni diverse.
Infatti il film narra la storia di due giovani senegalesi, Seydou e Moussa, che intraprendono un viaggio attraverso il deserto e il Mediterraneo, con la speranza di raggiungere l’Europa con tutte le sfide che gli si presentano lungo il percorso: il passaggio attraverso il deserto del Sahara, dove devono affrontare la brutalità degli scafisti e la spietata sete sotto il sole rovente; le condizioni disumane nei campi di detenzione in Libia, dove i due ragazzi sono costretti a confrontarsi con l’orrore e la perdita dell’umanità; infine, l’imbarco su un precario gommone nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, simbolo di speranza e disperazione al tempo stesso.
Da menzionare l’intervento di Ginella Vocca, fondatrice e presidente del festival, di cui ha ripercorso la storia trentennale, sottolineando l’importanza di questa manifestazione come spazio dedicato al dialogo culturale e alla comprensione reciproca tra i popoli del Mediterraneo. “Il cinema ha il potere di mettere in contatto mondi diversi e di creare empatia dove spesso c’è distanza,” ha affermato Vocca
Il festival è stato quindi aperto con il film Everybody Loves Touda, diretto da Samira El Khoury, regista marocchina nota per il suo impegno nel raccontare storie che esplorano le dinamiche sociali e culturali del mondo arabo.
La protagonista, Touda, interpretata da Laila Rouass, attrice marocchina-britannica, è una sheika rispettata e controversa nella sua comunità in un villaggio marocchino. Le sheike sono figure tradizionali e spirituali, spesso depositarie di saggezza popolare e guida nelle celebrazioni e nei rituali locali. Ma Touda non è una sheika convenzionale: è audace, carismatica e porta avanti idee che sfidano le norme e le aspettative tradizionali.
La trama si dipana tra le sue battaglie personali e i rapporti con la sua famiglia e la comunità. Touda si scontra con le autorità religiose locali che vedono in lei una minaccia allo status quo, mentre trova alleati in giovani donne del villaggio che aspirano a un futuro diverso. La sua lotta per l’indipendenza è resa ancora più complessa da un amore segreto con un uomo che proviene da una famiglia molto influente e tradizionalista.
Un elemento centrale della storia è l’antagonismo tra il desiderio di libertà di Touda e le pressioni culturali che cercano di conformarla alle aspettative sociali. A questo si aggiungono flashback che mostrano come sia diventata una sheika, rivelando la sua infanzia difficile e le perdite che ha dovuto affrontare.
La narrazione intreccia momenti di tensione drammatica con episodi più leggeri, mostrando la vita di Touda in tutte le sue sfaccettature. Tra gli eventi chiave c’è una scena in cui Touda decide di sfidare apertamente i leader del villaggio organizzando una cerimonia che unisce tradizioni antiche a nuove pratiche ispirate alla parità di genere, scatenando così una serie di reazioni a catena che mettono a rischio la sua posizione e la sua stessa sicurezza.
Il finale del film è carico di simbolismo, lasciando il pubblico con una riflessione profonda su come la forza di una persona possa ispirare il cambiamento e su quanto la resistenza contro l’oppressione possa segnare il destino di una comunità intera.
S.V.