MEDFILM chiusura “Les Fantômes” di Jonathan Millet Fantasmi di una Generazione perduta, recensione di Serena Verdone

MEDFILM chiusura

“Les Fantômes” di Jonathan Millet

Fantasmi di una Generazione perduta

Ieri 17/11 si è conclusa la 30° edizione del Medfilm festival con la replica del film “Les Fantômes” di Jonathan Millet (Francia/Germania/Belgio, 2024, 105′) vincitore del Premio Amore e Psiche per il Miglior Film.

La direttrice artistica del Festival Ginella Vocca ha espresso profonda gratitudine verso il suo staff, riconoscendo il contributo fondamentale di ciascun membro nell’organizzazione e nel successo del festival.

“Les Fantômes” affronta il tema della Siria attraverso una narrazione che esplora il trauma e la memoria della guerra. La trama segue un esule siriano che vive in Francia e che è ossessionato dal suo passato. Il protagonista è, con un team di altri desiderosi di vendetta/giustizia, alla ricerca di un uomo autore di atroci torture in Siria.

Con la mentalità occidentale ti aspetteresti un criminale di mezza età, solo per scoprire che è un giovane. E’ una rivelazione che ribalta le aspettative e sottolinea una verità cruda: le guerre non sono combattute da uomini anziani, ma dai giovani, spesso costretti a compiere atti orribili in nome di ideologie, potere o sopravvivenza.

Il film utilizza la storia personale del protagonista come lente per raccontare il dramma collettivo di un Paese devastato dalla guerra, mostrando come la violenza del conflitto lasci segni indelebili sia a livello individuale che sociale. È un’opera potente che intreccia l’intimo con il politico, portando sullo schermo un racconto profondamente umano e universale.

La particolarità del racconto sta nel fatto che il protagonista utilizza non solo informazioni concrete ma anche una forte sensazione intuitiva per identificare il colpevole.

Questa intuizione si mescola alla sua ossessione, spingendolo a vedere indizi e connessioni che potrebbero non essere immediatamente evidenti agli altri.

“Les Fantômes” è un film che affascina proprio perché intreccia temi complessi e universali con una narrazione dal sapore misterioso e intriso di tensione. La pellicola si muove su più livelli tematici, rendendola ricca di significato e capace di catturare l’attenzione dello spettatore.

L’ossessione del protagonista per rintracciare il criminale di guerra introduce declinazioni tipiche del thriller, con la tensione costante di essere scoperto.

Il film esplora le difficoltà di chi è costretto a lasciare il proprio paese a causa di conflitti, portando sullo schermo la vulnerabilità e l’alienazione dell’esule. Mostra come il passato continui a tormentare chi è in fuga, rendendo impossibile una vera rinascita.

La storia personale del protagonista, segnata dalle torture subite e dalla perdita di moglie e figlia in un bombardamento, si intreccia al lutto collettivo di una nazione devastata. La morte è anche simbolica, rappresentando la perdita di identità e radici esemplificata nella scena finale.

Il film indugia sul confine sottile tra giustizia e vendetta, orientandosi infine verso la giustizia.

 

Serena Verdone