Il silenzio uccide, recensione di Catello Masullo

Il silenzio uccide, recensione di Catello Masullo

 

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Il silenzio uccide (2023))

 

Regia: Irene Magnani

Soggetto e Sceneggiatura: Irene Magnani

Dialoghi: Gualtiero Serafini

Interpreti:

Ilaria Taccogna

Patrizia Manganiello

Graziano Nicoli

Davide Arancio

Riprese, produzione e montaggio: Massimo Leonardi

Direzione Artistica: Davide Arancio

Musiche Originali: Antonio Di Mezzo

Location e assistenza: Associazione Atto Zero, in collaborazione con WWW.ILSILENZIOCIUCCIDE.IT

 

NOTE : Vincitore Tuscania in Corto” Festival di Cortometraggi

recensione di Catello Masullo: “Sai cosa credo, cara zia? Che le botte ci fanno male, ma che è il silenzio che ci uccide!”. Con questa frase, la giovane protagonista del film risponde alla zia, dalla quale si era recata per un aiuto e che minimizzava le percosse che la ragazza aveva ricevuto dal fidanzato. Una frase brevissima, come la durata del film, solo 2 minuti e 47 secondi, che risuona come una fucilata, come un fulmineo cazzotto ben assestato nello stomaco dello spettatore. Il film è stato scritto e diretto da Irene Magnani, nata a Sassuolo (MO), nel 1971, da sempre appassionata di cinema, ha lavorato per anni dietro le quinte nelle sale cinematografiche, con ruoli amministrativi, ma è lì che ha coltivato la passione per il cinema. Frequenta un Master in storytelling, due corsi di sceneggiatura. Ha iniziato a scrivere e a dirigere le sue opere dal 2018, vincendo con la sua opera prima “Testimoni silenziosi” un Festival di settore. Ha all’attivo cinque cortometraggi, tutti premiati e tre sceneggiature per lungometraggio, ottenendo circa una settantina di Premi e riconoscimenti ufficiali. “Il Silenzio uccide” è da annoverare come una delle opere cinematografiche più efficaci nella lotta alla piaga della violenza di genere. Unico tra i reati penali a non subire flessione negli ultimi decenni. Proponendo un punto di vista assai interessante, quello del silenzio, sordo e pesante, che nel sottacere, nell’omettere, nell’invocare l’antico detto secondo il quale “i panni sporchi si lavano a casa” e nella ricerca costante di mettere l’immondizia sotto al tappeto, purché la famiglia non venga infangata dallo scandalo, di fatto si fa complice di tale esecrabile violenza e, sempre di fatto, costruisce le solide basi con la quale si perpetua nei decenni, nei secoli e nei millenni, generazione dopo generazione. Questo film prova a spezzare gli inscalfibili anelli di questa catena generazionale. Con un conflitto, chiaro, brusco e salutare, tra la vecchia e la nuova generazione. Con la giovane che prende consapevolezza della circostanza secondo la quale non riuscirà ad ottenere aiuto e sostegno dalla zia e che dovrà assumere in proprio la consapevolezza che si esce dall’incubo solo spezzando il muro di silenzio. Usando il mezzo più potente: la parola. Un messaggio forte e chiaro, rivolto alle giovani generazioni, da portare nelle scuole di ogni ordine e grado. E che ci fa intravedere, grazie all’esempio, uno spiraglio di speranza anche nella presa di coscienza delle generazioni passate, con l’ultima inquadratura della zia che scopre il suo braccio dalla manica della giacca.

 

 

Valutazione sintetica: 9