Per il mio bene, recensione di Catello Masullo
credits E SINOSSI: Cinematografo.it
Per il mio bene
ITALIA 2024
Sinossi: Giovanna è una donna forte, autonoma. Guida fieramente l’azienda di famiglia e cresce da sola una figlia adolescente. La sua vita scorre solida, fino a quando non scopre di avere una grave malattia. Per la prima volta ha bisogno di qualcuno. Cerca all’interno della famiglia un donatore compatibile, ma sua madre le confessa che non è possibile: nessuno fino a quel momento ha mai avuto il coraggio di dirle che è stata adottata. Giovanna non sa più chi è. Vorrebbe risalire alle sue vere origini ma si scontra con una legge complicata. Quando il tribunale le comunica che sua madre biologica si rifiuta di aiutarla, Giovanna decide di aggirare le regole, rintraccia la donna e si presenta da lei, decisa a farsi conoscere. L’anziana donna che si trova davanti, Anna, è ostile e sfuggente, non si lascia avvicinare da nessuno. Mantenendo segreta la sua identità, Giovanna la avvicina con pazienza e sensibilità. Inizia tra loro un rapporto fatto di poche parole, gesti ruvidi e affetto. Anna lentamente si apre, inizia a fidarsi nuovamente di qualcuno, mentre Giovanna si dimentica del motivo di salute che l’ha spinta fin lì, per inseguire un bisogno di verità molto più profondo. Una verità legata alla storia della sua nascita.
Regia: Mimmo Verdesca
Attori: Barbora Bobulova – Giovanna, Marie-Christine Barrault – Anna, Stefania Sandrelli – Lilia, Sara Ciocca – Alida, Grazia Schiavo – avvocato, Fabio Grossi – dottor Lipari, Gualtiero Burzi – Giorgio, Leo Gullotta – Luciano
Sceneggiatura: Monica Zappelli, Pierpaolo De Mejo, Mimmo Verdesca
Fotografia: Federico Annicchiarico
Musiche: Germano Mazzocchetti
Montaggio: Alessio Doglione
Scenografia: Stefano Maria Ortolani
Durata: 100
Colore: C
Produzione: MARCO POCCIONI, MARCO VALSANIA
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION
Data uscita: 2024-12-05
recensione di Catello Masullo: “
Opera di esordio alla regia di un lungometraggio di finzione di Mimmo Verdesca. Che ripropone la sua cifra stilistica dei documentari che ha girato in precedenza: dare sempre più spazio alle emozioni. Si serve per farlo dell’universo femminile, caratterizzato da maggiore sensibilità e profondità. Ha frecce formidabili al suo arco, potendo disporre di tre attrici immense, Barbora Bobulova, Marie-Christine Barrault e Stefania Sandrelli. Il film maneggia con cura e garbo materiale davvero delicato, come quello della genitorialità e, segnatamente della maternità, o come gli interrogativi di sempre: i figli sono di chi li cresce o di chi li fa? E il legame di sangue finisce con il prevalere su quelli affettivi? Verdesca percorre con maestria percorsi complessi, attento alle sfumature che coinvolgono ed emozionano. Con scene di grande maestria e significato (si legga sotto la provocazione su quella in cui i volti di due delle protagoniste si affiancano, in una ripresa di grande virtuosismo, e la risposta del regista al proposito). Un’opera prima fulminante. Da non perdere.
Curiosità, ho chiesto al regista: “Mimmo, in che paese si trova la fontana che viene mostrata? In una scena si vedono i due volti di Barbora Bobulova e Marie-Christine Barrault, affiancati, uno in ripresa diretta, uno riflesso nello specchio, quasi come in uno split screen virtuale in un’unica scena. Volevi rappresentare l’incontro di due anime che si rispecchiano l’una nell’altra, fino a riconoscersi al primo incontro?”. La risposta di Mimmo Verdesca: “La fontana è ad Anguillara. Quella scena l’ho sempre avuta davanti agli occhi in scrittura, ne abbiamo sempre parlato. Sentivo, come lei diceva, che due anime si incontrano, si sommano, forse si riconoscono e per la prima volta. Tu sei come me anche tu hai sofferto, ti riconosco. È il momento più alto del loro incontro. Ha emozionato tutti sul set. L’abbiamo rivista al monitor, tutti siamo rimasti impressionati. Complimenti per la lettura della scena, ne sono molto fiero, grazie di averla sottolineata”.
Valutazione sintetica: 8