Io, loro e Lara, recensione di Riccardo Rosati

Io, loro e Lara

 

Genere: commedia

Nazione: Italia

Anno produzione: 2009

Durata: 115’

Regia: Carlo Verdone

Cast: Carlo Verdone, Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Angela Finocchiaro, Marco Giallini, Sergio Fiorentini

Produzione: Warner Italia

Sceneggiatura: Carlo Verdone, Francesca Marciano, Pasquale Plastino

 

Ritornando dall’Africa… la giungla!

Il film racconta la storia di un prete (Carlo) missionario in Africa che decide di tornare a Roma, vittima di una crisi spirituale che lo angoscia sempre di più. I suoi superiori lo tranquillizzano e lo esortano a vivere per un po’ di tempo con la famiglia, in modo da ritrovare se stesso. Tuttavia, ritornare alla sua vecchia vita nella Città Eterna non sarà certo una passeggiata: i fratelli e il padre sono una fonte inesauribile di pensieri. Carlo viene catapultato in un vortice di futili rancori e furori razzisti. A complicare la situazione entrerà in scena la misteriosa e sexy Lara (Laura Chiatti).

 

Persino i comici ormai sono tristi

Di primo acchito, sembrerebbe la tipica vicenda verdoniana in cui si parla sempre della depressione e del solito “momento di grossa crisi” dei vari personaggi. Stavolta però non è fortunatamente così, questa storia ha un qualcosa in più. Certo, ritorna anche qui la immancabile figura dello psicologo (la sorella di Carlo) e quella narrata è pur sempre una Roma alto borghese simile, ma solo come contesto, a quella tanto amata da Gabriele Muccino. Ciò che è da considerarsi in qualche modo speciale in questa pellicola è il vedere un Verdone talmente accigliato, da andare ben oltre la nota melanconia dei suoi film; un comico che non sorride mai fa davvero pensare. Nel voler ridicolizzare gli stereotipi dell’Italia di oggi, l’attore romano mette alla berlina il dramma di un Paese sfasciato sia culturalmente che moralmente. Il messaggio che si vuole portare avanti è chiaro, amici miei, non c’è da stare allegri!

Laura Chiatti è bravina a interpretare un personaggio cucito su di lei, e così comune nelle ragazze della sua età: una tipa sveglia, fin troppo disinibita, e con contenuti zero. Questo a dimostrare nuovamente che, sebbene spesso armati di buona volontà, i nostri giovani attori più di tanto non possono proprio fare, dunque pace per la Settima Arte italiana.

 

Una trama non eccezionale, seppur con alcuni momenti di ottimo umorismo, a ricordare il fatto che Carlo Verdone è ancora uno dei pochi veri attori comici  del nostro cinema, puntualmente incline a far passare dei semplici cabarettisti (vedesi Pieraccioni), per degli artisti della risata. In questa Italia confusa, fedelmente descritta nella pellicola, si tende troppo facilmente a confondere il genere della commedia, con l’abilità alquanto modesta di suscitare una volgare e immediata risata nel pubblico. In conclusione, una discreta opera; pessima, ahinoi, l’Italia.   

   Riccardo Rosati

 

Conferenza stampa

 

Intervengono alla conferenza stampa del film, tenutasi presso il Warner Village Cinemas – Roma Moderno, il regista e protagonista Carlo Verdone insieme a parte del cast.

 

Come è nata questa storia?

Carlo Verdone: è la prima volta che interpreto un “vero” prete e non una macchietta come in passato. Il mio personaggio è un uomo non ascoltato in un mondo occidentale allo sfascio. Dedico il film alla memoria di mio padre (lo studioso di cinema Mario Verdone [1917 – 2009], N.d.A.), sperando di avergli fatto un piccolo regalo con questa storia, la quale dice molto sulla situazione in cui versa il nostro Paese.

 

Infatti, tu come vedi gli italiani di oggi in rapporto agli immigrati?

Carlo Verdone: è uno dei temi del film! Sinceramente, vedo un Paese indifferente verso l’estraneo, però non sino a poter essere definito razzista. Ci mancano quelle strutture di accoglienza che esistono invece in altri Paesi europei. L’Italia è troppo divisa e in preda a contrasti politici e sociali. Con questa storia ho voluto dare un’immagine di concordia.

 

Il film sembra avvolto da un fitto alone di malinconia?

Carlo Verdone: Mah, questa in fondo c’è in tutti i miei film, non ci posso fare nulla. Difatti, sono stato definito proprio per questo da alcuni critici un “melancomico”.

 

La definiresti una storia morale?

Carlo Verdone: in qualche modo forse… per me la parola etica è molto importante, oggi più di ieri. Abbiamo perso tante cose, tra queste anche la civiltà. Ho desiderato raccontare una persona per bene, retta e altruista; non il solito cialtrone. Ho pensato che la figura di un sacerdote moderno potesse interessare al pubblico. Però, non il classico prete che predica e basta, ma un uomo di oggi, con cui parlare di tutto, dimenticandosi che si sta parlando con un religioso. C’è una parte buona della Chiesa che va raccontata.

 

Laura che ne pensi della tua parte?

Laura Chiatti: temevo molto questo tipo di personaggio. Avevo paura di scimmiottare la Gerini. Ho risolto questo problema, guardandomi intorno e prendendo spunto dalle persone che conosco. Lavorare con Carlo è stato magnifico, lui è forse l’unico nel mondo del cinema italiano che ha un così profondo rispetto per le donne. È un gentiluomo.

 

Ormai sono trent’anni che fai questo lavoro, qual è il tuo bilancio?

Carlo Verdone: Sono un miracolato. Dopo i primi successi di Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone, in molti, compreso il mio maestro Sergio Leone, credevano che avessi esaurito il repertorio. Però, ho avuto la fortuna di incontrare il vecchio Cecchi Gori e abbiamo fatto Borotalco, che considero tutt’oggi il mio film più importante. In quella occasione ho capito che potevo farcela. Credo di aver avuto davvero molto dalla vita.

 

Lavorare con una major come la Warner ti ha fatto sentire più libero, meno vincolato?

Carlo Verdone: diciamo che è un modo diverso di lavorare con il regista e lo sceneggiatore. Con De Laurentiis le cose son più vecchio stile: il lavoro è più complicato e lui interviene sul film; a volte persino stupendo con i suoi suggerimenti. Il lavoro con la Warner è stato rapido, meno macchinoso.

 

Cosa auguri agli italiani per il nuovo anno?

Carlo Verdone: auguro di ritrovare il buon senso e che si stemperino tutte queste tensioni. Basta col personalismo e il presenzialismo della politica. Spero in una nuova generazione per un ricambio, ma spesso i giovani non hanno gli spazi dove esprimersi.

 

Come è stato recitare con Verdone per te che vieni dal teatro?

Anna Bonaiuto: è stato il più grande piacere che possa provare chi fa questo mestiere, quello di recitare con un vero attore. Tra i comici di “area romana”, spesso così grevi, Verdone è l’unico che ci abbia messo della grazia ed eleganza, elevando così il genere.