La città verrà distrutta all’alba
Genere: horror
Nazione: USA
Anno produzione: 2010
Durata: 101’
Regia: Breck Eisner
Cast: Timothy Olyphant, Radha Mitchell, Joe Anderson, Danielle Panabaker, Christie Lynn Smith, Brett Rickaby, Preston Bailey, John Aylward
Sceneggiatura: Scott Kosar, Ray Wright
Produzione: Michael Aguilar, Dean Georgaris, Rob Cowan
Distribuzione: Medusa Film
Il massacro all’improvviso
David Dutton è lo sceriffo di Ogden Marsh, la tipica “tranquilla” cittadina americana. Un giorno, Rory Hamill irrompe durante una partita di Baseball con un fucile carico, pronto per fare una strage, e David è costretto a ucciderlo. Quello che poteva sembrare un drammatico e isolato raptus omicida di una persona è invece il primo segnale di un contagio che infesterà la zona nei giorni seguenti, trasformandone gli abitanti in zombi assetati di sangue. Interviene subito l’Esercito, ma le intenzioni dei militari non sono affatto quelle di aiutare i poveri abitanti di Ogden Marsh. Comincia così per David e la moglie una disperata fuga per salvarsi la vita.
Niente arte, ma pur sempre tanta buona azione
La città verrà distrutta all’alba (“The Crazies”) è un discreto remake di un classico di George A. Romero (1940 – 2017) del 1973. Forse non sarà all’altezza dell’originale – in fondo anche le pellicole di Romero non erano opere di maestria cinematografica, bensì ottimi prodotti di genere – ma resta comunque godibile per lo spettatore. Certo Romero, che era nei suoi anni migliori, fu capace di costruire un clima di claustrofobia e sospetto con pochi soldi e tanto mestiere, riuscendo a trattare argomenti scottanti come il ruolo dell’Esercito nella società e lo scollamento tra la politica e l’uomo della strada; insieme a quel senso di disfatta totale della razza umana, trovatasi ad affrontare una crisi che pare epocale. Breck Eisner non ha avuto successo in questo. Nondimeno, il suo resta pur sempre un film non disprezzabile da un punto di vista stilistico. Difatti, è ben girato, fotografato e montato. Il vero lato debole di questo rifacimento è che mancano personaggi interessanti, e il fatto che come sempre ormai si scelgano attori belli e dalla faccia pulita non aiuta la identificazione del pubblico con la tragedia che vivono i protagonisti.
Romero aveva saggiamente deciso di distanziare visivamente il suo film dalla “serie sugli zombi”, presentando le vittime del virus come delle persone normali che impazziscono in modo lento e inesorabile. Di Romero manca inoltre il tono beffardo con il quale ci si prende gioco dei militari e dei politici, rappresentando i primi come degli idioti, incapaci di gestire una emergenza, e i secondi nei panni di arroganti privilegiati che decidono delle vite di migliaia di persone come se stessero scegliendo quale sigaro fumare dopo cena. Nel film di Eisner, invece, i militari sono sullo sfondo, si vedono pochissimo e non hanno alcun peso nella storia, interamente incentrata sui due fuggiaschi. In pratica, questa pellicola dimostra quanto l’America di oggi non voglia minimamente mettersi in discussione e abbia scarsissima capacità di introspezione sociopolitica.
Viceversa, è interessante, come soluzione registica, la ripresa della lezione dal cinema giapponese sull’utilizzo dei suoni intradiegetici come generatori di tensione, in luogo della più canonica colonna sonora. Per il resto, l’opera segue pressoché in toto le scelte narrative dei recenti titoli in ambito “contaminazione”, tra i tanti, ci viene in mente la saga di Resident Evil. Ragion per cui, nulla di nuovo sotto il Sole, ma dargli però una occhiata non è alla fine tempo buttato.
Riccardo Rosati