Recensione su Megalopolis – un film di Francis Ford Coppola di Massimo Coltellacci
Recensione su Megalopolis – un film di Francis Ford Coppola
di Massimo Coltellacci
Megalopolis, il colossal a lungo sognato da Francis Ford Coppola, arriva sugli schermi con tutta la pompa di un’opera epica, filosofica, visionaria. Bastano pochi minuti per accorgersi che l’unica vera “visione” è quella di un regista che guarda se stesso allo specchio, convinto di aver creato un capolavoro… mentre lo spettatore cerca disperatamente un motivo per restare sveglio.
Il film è intriso di teatralità: dai dialoghi declamati con tono da tragedia shakespeariana, all’estetica che rimbalza dall’antico romano al metallaro, fino alla gestualità dei personaggi. Una teatralità però sterile, non coinvolgente, che respinge invece di attrarre. Si ha la sensazione di assistere a una recita scolastica con altissimo budget, dove tutti si sforzano di dire qualcosa di profondo… il risultato è infantile.
I dialoghi sono il punto più debole: frasi altisonanti, piene di simboli, metafore e grandi verità buttate lì come se fossero rivelazioni divine, ma che suonano banali o ridicole. Sembrano scritte da qualcuno che vuole dimostrare quanto è colto, dimenticando che il cinema è anche emozione, ritmo, credibilità.
Il protagonista, Cesar Catilina (Adam Driver), ha un nome che già vuole evocare Roma antica, Shakespeare e grandezza. Ma tutto quello che riesce a trasmettere è un senso di artificiosità. Il personaggio non ha una vera profondità, è solo un’idea astratta incarnata in un corpo che parla troppo e agisce poco. E come lui, tutti gli altri sembrano usciti da un laboratorio di stereotipi, non da una scrittura viva.
Il risultato è un film noioso, pretenzioso, stancante. Ci si aspetterebbe un’esplorazione politica o filosofica, invece si resta impantanati in un’estetica confusa e autoreferenziale. Dopo pochi minuti viene voglia di mollare – e chi lo fa, non perde niente.
Un film che si prende troppo sul serio per risultare davvero serio.